Riporto un'analisi di Diodato Pirone su Il Messaggero:
"Di fronte alle cifre del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria c’è una domanda chiave da porsi: la crescita del Pil prevista per il biennio 2010-2011 riporterà la ricchezza del Paese ai livelli del 2007, ovvero a quelli pre-crisi? Ebbene la risposta è “no”, perché siamo di fronte ad una crisi forte e lunga. Per rendersene conto basta analizzare i numeri.
Poniamo che il Pil del 2007 sia stato pari a 100. Già nel 2008 la recessione ha cominciato ad artigliare la ricchezza del Paese con una diminuzione del Pil dell’1%. Risultato: il Pil 2008 scende a quota 99. Quest’anno - secondo le cifre ufficiali del governo - si verificherà un arretramento del 5,2%, il più pesante del dopoguerra. Di conseguenza la ricchezza prodotta annualmente scenderà in picchiata per raggiungere quota 93,85, sempre rispetto a quella di due anni fa. Ma questo - si dirà - è il lato più brutto della medaglia: nel 2010 si avvierà la ripresa che, come prevede il Dpef, nel 2011 dovrebbe essere coronata da una discreta crescita pari al 2%. Bene.
Tuttavia, ammesso che la crescita sia pari a quella prevista dall’esecutivo (le stime della Banca d’Italia indicano quota zero per il 2010), la ripresa non sarà sufficiente a riportare il livello della ricchezza italiana alla quota raggiunta nel 2007. Se infatti nel 2010 il Pil crescesse dello 0,5% come stimato dal governo la ricchezza prodotta si riporterà al livello di 94,32 rispetto al 100 raggiunto nel 2007. E anche il ”balzo” del 2% previsto per il 2011 non sarà sufficiente a superare quota 100 poiché il Pil reale si fermerà a 96,21.
Insomma, sulla base dei dati forniti dal Documento di programmazione emerge che fra due anni la ricchezza prodotta dall’Italia sarà inferiore di quasi 4 punti rispetto a quella del 2007. Il 2011 insomma rischia di essere il quarto anno di affanni e non il primo della ripresa. E il confronto, come ogni paragone che si rispetti, va fatto con la fotografia del passato e non con una previsione sul futuro. La crisi, insomma, ha il carattere di un fenomeno forte e di lunga durata.
D’altra parte, al di là delle stime sulla crescita, dalle cifre del Dpef emergono altri punti critici. Il deficit pubblico, ad esempio, si attesterà nel 2009 al 5,3%. Dunque ben oltre il tetto del 3% fissato dal trattato di Maastricht (anche se sottraendo le una tantum e gli effetti della crisi si scende a quota 3,1%). E sale il debito pubblico che raggiungerà quest’anno il 115,7% del Pil, per poi balzare al 118,2% nel 2010 e tornare lentamente a calare negli anni successivi."
Nessun commento:
Posta un commento