Le imprese sono alla ricerca di qualunque metodo per abbattere i costi d’impresa. La crisi e la concorrenza estera impongono di stare attenti ad ogni euro speso per evitare di finire in perdita. C’è chi taglia, purtroppo, sul personale, chi sui servizi, chi ancora acquista beni insieme ad altri imprenditori per abbattere i costi. Ma sono ancora in pochi quelli che hanno messo nel mirino della spending review il settore della logistica.
Spedire prodotti può infatti essere molto costoso. Basta pensare a quanto può chiedere un corriere per inviare un pacco negli Stati Uniti, in Brasile o Australia. Le imprese possono contare adesso su uno strumento per abbattere i costi di invio: si chiama Packlink.
Packlink è un sito internet dove è possibile confrontare le tariffe applicate dalle maggiori società di spedizione per poi scegliere quella più conveniente. Utilizzarlo è semplice: basta inserire il volume del pacco, il suo peso, indirizzo di spedizione e di recapito. Il gioco è fatto. In un attimo si visualizzano tutte le opzioni tra le quali scegliere, con prezzi e tempi di consegna. Si stampa la bolla di viaggio e si aspetta che il correre venga a fare il ritiro.
Ma c’è di più. Per chi invia più di dieci pacchi alla settimana, Packlink offre degli sconti speciali. Senza contare che chi è iscritto alla newsletter può già usufruire delle promozioni che vengono offerte. L’obbiettivo è sempre lo stesso: dare la possibilità a privati e aziende di spedire in giro per il mondo al miglior prezzo.
Come fa Packlink a offrire sconti che arrivano fino al 70% sulle tariffe praticate direttamente dagli spedizionieri? Semplice, perché Packlink ha accordi commerciali con i principali corrieri. Per società come UPS, Bartolini o Tnt è più conveniente fare accordi con Packlink, e lo è anche per i privati.
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lunedì 23 marzo 2015
giovedì 13 novembre 2014
L’Italia che investe nell’Italia: le attività di CDP in 4 siti e un video
Il tempo di uno spot per cominciare. Quattro minisiti per
conoscere meglio Cassa depositi e prestiti. L’Istituto esordisce nel mondo
dell’advertising per raccontare la sua lunga storia e il ruolo che svolge ogni
giorno per sostenere il Paese.
Lo fa con una campagna integrata, concepita da Publicis e
pianificada da OMD, che va dai periodici alla televisione, arrivando
fino al web. Lo spot, affidato alla casa di produzione Akita, con la regia di
Ago Panini e la fotografia di LSD, è scandito dalla voce di uno degli attori
italiani più amati, Giancarlo Giannini.
CDP è “L’Italia che investe nell’Italia”. Una frase e
un’idea che fanno da filo conduttore non solo alle immagini che scorrono sugli
schermi televisivi, ma anche ai minisiti web creati per l’occasione: le pagine sostegno agli enti locali
e alla scuola, social
housing e la valorizzazione degli immobili, sostegno alle imprese e
reti e
trasporti sono state create per offrire un quadro completo dell’attività di
CDP. Un’attività fatta di investimenti in favore degli imprenditori che
desiderano crescere. E al fianco degli enti pubblici che vogliono offrire ai
cittadini una vita migliore.
martedì 7 maggio 2013
Lo scudo Bce funziona. Per ora

La Banca centrale europea continua a vigilare e nella regione si respira un po’ di ottimismo. L’indice Msci del Vecchio continente nell’ultimo mese (fino al 3 maggio e calcolato in euro) ha guadagnato il 2,8%, portando a +8,8% la performance da inizio anno. Merito, ancora, della promessa fatta dall’istituto di fare il possibile per salvaguardare l’unità della moneta unica e della possibilità di mettere in campo il piano Omt (Outright monetary transaction) per contenere l’aumento degli spread governativi.
La Bce nei giorni scorsi ha annunciato da Bratislava il quarto taglio dell’era di Mario Draghi che ha portato il costo del denaro nell'Eurozona al nuovo minimo storico dello 0,5% (-25 punti base). E’ sceso anche il tasso sui prestiti marginali (-50 punti base all’1%) mentre resta invariato quello sui depositi (a zero). Il presidente della Bce ha, però, detto che la Banca “è aperta” a valutazioni su questo punto. In altre parole, ha lasciato uno spiraglio sulla possibilità di una discesa sottozero come incentivo alle banche a usare tutta la liquidità in eccesso (121 miliardi circa) per finanziare imprese e famiglie. Resta da vedere se questo interventismo della Bce reggerà alla prova dei fatti. “I tassi di interesse che restano a livelli troppo bassi per tanto tempo possono sfociare in distorsioni”, ha detto Joerg Asmussen, rappresentante del Comitato esecutivo della Bce, in un discorso all’Economist’s Bellwether Europe Summit a Londra. Le decisioni di politica monetaria (e soprattutto gli scopi per cui queste vengono attuate), ha aggiunto, non vengono applicate in maniera omogenea in tutti gli stati. “E questo penalizza i paesi periferici, dove ce n’è più bisogno”. Il riferimento, nemmeno troppo velato e alle banche di alcuni stati che, nonostante gli incentivi dati da Francoforte, hanno difficoltà ad aprire il rubinetto del credito.
Banche e imprese, rapporti difficili
Migliora, però (anche se di poco), la situazione in cui operano le imprese della regione. Secondo un sondaggio della Banca centrale fra le piccole e medie aziende, la percentuale netta delle Pmi che hanno constatato un peggioramento della disponibilità di prestiti bancari è scesa a -10% dal -22% della precedente inchiesta. Le Pmi italiane sono tra le aziende che hanno segnalato il cambiamento per il meglio più accentuato (da -27% a -7%). Un andamento che riflette - secondo la Bce - il miglioramento della fiducia nei mercati finanziari negli ultimi mesi e delle condizioni di provvista delle banche, a cui hanno contribuito le misure non standard della Bce, incluso l’annuncio delle Omt.
Tra i fattori che pesano ancora sull’accesso al credito, le Pmi della zona euro citano in primis il peggioramento delle prospettive economiche. La situazione peggiore, soprattutto per quanto riguarda le condizioni dei prestiti si registrano in Grecia, Spagna e Italia. Anche se aumentano, ad esempio, le risposte favorevoli alle richieste di prestito, la percentuale netta delle Pmi italiane che riferiscono un aumento dei tassi di interesse praticati dalle banche è del 62%, seconda solo alla Spagna (66%). Il 44% inoltre segnala un aumento delle garanzie contro il 15% delle Pmi tedesche. Uno scenario che accomuna ancora una volta la periferia sud dell’Europa e indica una forte avversione al rischio da parte delle banche in un contesto di debole attività economica e di difficoltà del sistema finanziario.
enere l’aumento degli spread governativi.
martedì 16 aprile 2013
Draghi: «È grave che le banche non prestino a tassi ragionevoli»
«Se le banche in alcuni Paesi non prestano a tassi ragionevoli, le conseguenze per l'Eurozona sono gravi». Lo ha detto Mario Draghi, presidente della Bce, durante un intervento all'Università di Amsterdam. Secondo Draghi «È particolarmente sconcertante» che le piccole e medie imprese soffrano più delle grandi aziende, «dato che fanno i tre quarti dell'occupazione». La Bce «non può e non vuole sovvenzionare banche insolventi», ha aggiunto Draghi spiegando che il sostegno in liquidità accordato alle controparti bancarie «non è e non dovrebbe essere un sostegno di capitale». Allo stesso modo, ha detto, nel contrastare i rischi di ridenominazione sui titoli di Stato «non possiamo e non vogliamo sovvenzionare i Governi» dell'Eurozona. Del resto, ha continuato il presidente della Bce, «avviare le riforme strutturali, il risanamento dei conti pubblici e rimettere in ordine i bilanci delle banche non è fra le responsabilità nè nel mandato della politica monetaria».
«ANCORA GROSSI PROBLEMI» - Anche se ci sono miglioramenti rispetto al picco della crisi in Europa «nondimeno, all'orizzonte congiunturale dell'Eurozona si stagliano ancora gros
LA PECULIARITA' DELL'EUROZONA - Il numero uno dell'Eurotower ha spiegato anche che, «a differenza di Paesi con una vera e propria struttura federale o con un'unica autorità di bilancio, l'eurozona è composta da diversi Paesi sovrani». E quindi «il debito di ognuno di questi ha caratteristiche diverse per quanto riguarda la liquidità e il profilo di rischio». Pertanto, conclude Draghi, «non c'è una misura univoca per definire il premio di rischio nell'area euro».
PERDITA DI COMPETITIVITA' - Alla radice della crisi europea c'è, ha dichiarato anche Draghi, il fatto che «gran parte dei Paesi sotto stress soffrono di una perdita di competitività cronica».
si problemi». La maggior parte delle economie dell'Eurozona che si trovano ora sotto stress, ha ricordato Draghi, «e sicuramente tutte quelle che ora stanno avendo le maggiori difficoltà all'aggiustamento, hanno registrato una cronica perdita di competitività dopo essere entrati a far parte dell'unione monetaria». L'erosione della competitività «ha comportato l'emergere di ampi deficit delle partite correnti e, per alcune, l'accumulo di consistenti posisizioni debitorie con l'estero». In alcuni casi, ha continuato Draghi, «l'aumento del debito estero è stato trainato dal maggior indebitamento del settore pubblico».
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giovedì 31 maggio 2012
Indagine Mediobanca-Unioncamere: le medie imprese resistono alla crisi?
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Alberto Nagel e Renato Pagliaro |
Secondo la ricerca, le medie imprese, proprio grazie alla loro peculiare struttura organizzativa e produttiva, resistono alla crisi e si confermano la punta di diamante del made in Italy all’estero
Su questa pagina del sito dell’Ufficio Studi è disponibile il download dello studio: http://www.mbres.it/it/publications/italian-medium-sized-enterprises
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venerdì 28 gennaio 2011
Giampiero Cantoni: la Lombardia guida la ripresa
Giampiero Cantoni, su Panorama Economy, parla del ruolo della Lombardia e di Milano nella ripresa dalla crisi.
"I dati del sistema camerale raccontano un’Italia nella quale la voglia di fare impresa è sopravvissuta alla crisi economico-finanziaria. In cima alla piramide c’è, e non è una sorpresa, la Lombardia e Milano. La Regione e la città stanno tenendo testa alla crisi e a dirlo sono le cifre: i numeri delle imprese attive innanzitutto. A Milano operano 287 mila imprese, sulle circa 5 milioni e 300mila imprese presenti su tutto il territorio nazionale - numero praticamente analogo a quello dello scorso anno (-0,1 per cento). Le imprese del capoluogo lombardo contano per il 5,4 per cento del totale delle imprese italiano".
"Questi dati - continua Giampiero Cantoni - sono in linea con l’esperienza di ciascuno di noi cittadini milanesi. La nostra città negli ultimi due anni ha visto un grande ricambio nel tessuto imprenditoriale. La crisi ha fatto chiudere esercizi commerciali, ha razionalizzato i circuiti della produzione. Ma ha anche creato nuove opportunità. fate un giro in centro e contate le vetrine nuove. E’ un’esperienza esaltante. Si vede, passo dopo passo, come la città stia cambiando, come si stia evolvendo nella lunga marcia verso l’Expo. Il cuore produttivo del Paese ha voglia di rilanciarsi, seguendo quell’afflato imprenditoriale che da sempre gli è proprio.
I dati del sistema camerale dicono che Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia Romagna non si sono arresi. La fioritura di iniziative è in parte il riflesso di buone scelte politiche. In Lombardia, ad esempio, le start up sono fortemente incentivate, e così pure l’imprenditoria giovanile, con un trattamento fiscale di favore. La strada tracciata con intelligenza da Roberto Formigoni è stata seguita, in misura maggiore o minore, anche dai suoi colleghi. Ma è inutile illudersi che sia abbastanza, o che sia lo Stato, il pubblico, a potersi intestare questa “risorgenza imprenditoriale”.
(da Giampierocantoni.com)
"I dati del sistema camerale raccontano un’Italia nella quale la voglia di fare impresa è sopravvissuta alla crisi economico-finanziaria. In cima alla piramide c’è, e non è una sorpresa, la Lombardia e Milano. La Regione e la città stanno tenendo testa alla crisi e a dirlo sono le cifre: i numeri delle imprese attive innanzitutto. A Milano operano 287 mila imprese, sulle circa 5 milioni e 300mila imprese presenti su tutto il territorio nazionale - numero praticamente analogo a quello dello scorso anno (-0,1 per cento). Le imprese del capoluogo lombardo contano per il 5,4 per cento del totale delle imprese italiano".
"Questi dati - continua Giampiero Cantoni - sono in linea con l’esperienza di ciascuno di noi cittadini milanesi. La nostra città negli ultimi due anni ha visto un grande ricambio nel tessuto imprenditoriale. La crisi ha fatto chiudere esercizi commerciali, ha razionalizzato i circuiti della produzione. Ma ha anche creato nuove opportunità. fate un giro in centro e contate le vetrine nuove. E’ un’esperienza esaltante. Si vede, passo dopo passo, come la città stia cambiando, come si stia evolvendo nella lunga marcia verso l’Expo. Il cuore produttivo del Paese ha voglia di rilanciarsi, seguendo quell’afflato imprenditoriale che da sempre gli è proprio.
I dati del sistema camerale dicono che Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia Romagna non si sono arresi. La fioritura di iniziative è in parte il riflesso di buone scelte politiche. In Lombardia, ad esempio, le start up sono fortemente incentivate, e così pure l’imprenditoria giovanile, con un trattamento fiscale di favore. La strada tracciata con intelligenza da Roberto Formigoni è stata seguita, in misura maggiore o minore, anche dai suoi colleghi. Ma è inutile illudersi che sia abbastanza, o che sia lo Stato, il pubblico, a potersi intestare questa “risorgenza imprenditoriale”.
(da Giampierocantoni.com)
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giovedì 3 giugno 2010
Nel primo quadrimestre 2010 chiuse in Italia quasi 180 mila imprese
La crisi continua a colpire il sistema imprenditoriale italiano. Tra gennaio e aprile in Italia hanno cessato l'attivita' 177.556 imprese, con un saldo tra avviate e chiuse negativo di oltre 14 mila imprese. La variazione annua delle imprese attive, inoltre, registra una flessione dello 0,4%. E' quanto emerge da un'indagine realizzata dall'ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza. Tiene la Lombardia e sono positive Monza e la Brianza, che registrano un saldo tra iscritte e cessate positivo rispettivamente di 1.140 e 191 imprese, con una variazione annuale delle imprese attive di -0,1% e +0,7%. (Adnkronos)
venerdì 20 novembre 2009
Cariromagna: un plafond per la ripresa delle imprese
Cariromagna (istituto delGruppo Intesa Sanpaolo), Confartigianato Federimprese dell'Emilia Romagna e CNA dell'Emilia Romagna hanno presentato ieri a Forlì un progetto di sostegno per la ripresa alle imprese che hanno risentito maggiormente della crisi, soprattutto in termini di diminuzione del fatturato. L'accordo prevede la messa a disposizione da parte del Gruppo Intesa Sanpaolo di un plafond complessivo di 3 miliardi di euro.
"La Banca dei Territori, di cui Cariromagna - afferma il direttore generale di Cariromagna Franco Dall'Armellina - è parte integrante, si dimostra ancora una volta vicina al tessuto produttivo, proponendo risposte concrete alla crisi economica nazionale che attanaglia soprattutto le micro e piccole imprese.Così, come ha fatto e sta facendo per le associazioni degli industriali della Romagna, la nostra banca, attraverso le sue 123 filiali, propone interventi mirati per le associazioni dell'artigianato, per rafforzarne la competitività e favorirne la crescita."
"La Banca dei Territori, di cui Cariromagna - afferma il direttore generale di Cariromagna Franco Dall'Armellina - è parte integrante, si dimostra ancora una volta vicina al tessuto produttivo, proponendo risposte concrete alla crisi economica nazionale che attanaglia soprattutto le micro e piccole imprese.Così, come ha fatto e sta facendo per le associazioni degli industriali della Romagna, la nostra banca, attraverso le sue 123 filiali, propone interventi mirati per le associazioni dell'artigianato, per rafforzarne la competitività e favorirne la crescita."
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mercoledì 7 ottobre 2009
Crisi: ecco la geografia del nuovo Made in Italy
Viene presentata oggi a Milano la ricerca “ITALIA, Geografie del nuovo Made in Italy”.
Come sta affrontando questa fase economica il Made in Italy? Quali sono gli elementi di forza su cui stiamo puntando per uscire dalla crisi? Quali sono i settori strategici per il futuro del Paese?
La ricerca, curata da Symbola Fondazione per le qualità italiane e Fondazione Edison, cercherà di rispondere a queste domande, cogliendo nelle caratteristiche del nostro sistema produttivo, le radici di una scommessa sul futuro.
(fonte ItalPlanet News)
Come sta affrontando questa fase economica il Made in Italy? Quali sono gli elementi di forza su cui stiamo puntando per uscire dalla crisi? Quali sono i settori strategici per il futuro del Paese?
La ricerca, curata da Symbola Fondazione per le qualità italiane e Fondazione Edison, cercherà di rispondere a queste domande, cogliendo nelle caratteristiche del nostro sistema produttivo, le radici di una scommessa sul futuro.
(fonte ItalPlanet News)
lunedì 7 settembre 2009
Accesso al credito difficile per un’impresa su cinque
Secondo Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere, “nella concessione del credito alle imprese molto spesso la conoscenza deve e può contare più dei dati di bilancio”
In Italia sarebbero soprattutto le banche più radicate nel territorio a concedere il credito e a dare fiducia agli imprenditori rispetto ai grandi gruppi operanti nel credito.
Un’indagine condotta dal Centro Studi di Unioncamere, mette in evidenza come negli ultimi sei mesi più del 20 % delle imprese abbia avuto difficoltà nell’accesso al credito, con il conseguente rischio di ricorso all’usura. Le rilevazioni mettono in evidenza come il saldo tra le aziende che hanno avuto pratiche di finanziamento con esito positivo e quelle con esito negativo sia sceso di quasi due punti percentuali per i grandi gruppi bancari, mentre per gli istituti di credito locali, e quelli di credito cooperativo, tale percentuale è invece cresciuta di quasi quattro punti percentuali.
In Italia sarebbero soprattutto le banche più radicate nel territorio a concedere il credito e a dare fiducia agli imprenditori rispetto ai grandi gruppi operanti nel credito.
Un’indagine condotta dal Centro Studi di Unioncamere, mette in evidenza come negli ultimi sei mesi più del 20 % delle imprese abbia avuto difficoltà nell’accesso al credito, con il conseguente rischio di ricorso all’usura. Le rilevazioni mettono in evidenza come il saldo tra le aziende che hanno avuto pratiche di finanziamento con esito positivo e quelle con esito negativo sia sceso di quasi due punti percentuali per i grandi gruppi bancari, mentre per gli istituti di credito locali, e quelli di credito cooperativo, tale percentuale è invece cresciuta di quasi quattro punti percentuali.
venerdì 4 settembre 2009
Contro la crisi, dialogo e riforme
Mercoledì sera si è tenuto a Brescia un incontro dedicato a crisi, lavoro e imprese.
Relatori Marco Fenaroli, segretario generale Cgil, Gianfranco Dallera, presidente Aib, e Adriano Paroli, sindaco della città.
Tra le necessità emerse, il bisogno di dialogo tra le parti e di cambiare alcune leggi che zavorrano le realtà virtuose, quelle che riescono a contrastare con la forza delle idee e dell’innovazione la congiuntura sfavorevole.
Secondo Fenaroli, "bisogna ritarare il numero di cittadini che hanno perso o che rischiano di perdere il lavoro. Servono, poi, i fondi per altri due anni di cassa integrazione. Il governo deve riuscire a trovare la copertura finanziaria, altrimenti sarà una tragedia sociale”.
Per Dallera il sistema deve invece diventare più meritocratico, anche per quanto riguarda la contrattazione salariale: "Dobbiamo portare la negoziazione dove viene prodotta la ricchezza, è l'unico modo per andare avanti. La cosa che mi preoccupa di più, comunque, è che si proceda senza prendere decisioni per paura di sbagliare.
Tutti e tre gli interlocutori, hanno contestato aspramente il sistema bancario italiano che, "invece di aiutare le imprese si è chiuso a riccio" (Dallera), che "ha causato la crisi ma che mette ancora in giro titoli spazzatura" (Fenaroli), e che "invece che aiutare le giovani coppie sulla prima casa mette una serie di paletti e sembra che punti a fare l’utile alzando il costo dei conti corrente" (Paroli).
Relatori Marco Fenaroli, segretario generale Cgil, Gianfranco Dallera, presidente Aib, e Adriano Paroli, sindaco della città.
Tra le necessità emerse, il bisogno di dialogo tra le parti e di cambiare alcune leggi che zavorrano le realtà virtuose, quelle che riescono a contrastare con la forza delle idee e dell’innovazione la congiuntura sfavorevole.
Secondo Fenaroli, "bisogna ritarare il numero di cittadini che hanno perso o che rischiano di perdere il lavoro. Servono, poi, i fondi per altri due anni di cassa integrazione. Il governo deve riuscire a trovare la copertura finanziaria, altrimenti sarà una tragedia sociale”.
Per Dallera il sistema deve invece diventare più meritocratico, anche per quanto riguarda la contrattazione salariale: "Dobbiamo portare la negoziazione dove viene prodotta la ricchezza, è l'unico modo per andare avanti. La cosa che mi preoccupa di più, comunque, è che si proceda senza prendere decisioni per paura di sbagliare.
Tutti e tre gli interlocutori, hanno contestato aspramente il sistema bancario italiano che, "invece di aiutare le imprese si è chiuso a riccio" (Dallera), che "ha causato la crisi ma che mette ancora in giro titoli spazzatura" (Fenaroli), e che "invece che aiutare le giovani coppie sulla prima casa mette una serie di paletti e sembra che punti a fare l’utile alzando il costo dei conti corrente" (Paroli).
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giovedì 3 settembre 2009
MPS: piano anticrisi per le PMI marchigiane
La Banca Monte Paschi di Siena ha proposto un piano anticrisi per le PMI marchigiane.
- A tutte le imprese che non licenzieranno e non faranno ricorso alla cassa integrazione, MPS rimborserà il 2 %. In pratica l'azienda pagherà il 5 % di interesse (si tratta di un prodotto a tasso fisso), ma alla fine dell'anno, se non ci saranno licenziamenti, gli verrà rimborsato il 2%.
- Tutte le aziende che riusciranno ad esportare almeno il 10% di quanto esportavano lo scorso anno avranno uno sconto del 25 % sullo spred nei finanziamenti a tasso variabile.
- Le aziende potranno sospendere per 12 mesi il pagamento della quota capitale dei finanziamenti.
- Verranno prorogati di sei mesi i finanziamenti concessi in virtù di lavori svolti verso le PA, per tamponare i ritardi nei pagamenti degli enti pubblici.
- Verranno concessi finanziamenti per capitalizzare l'azienda stessa e per ristrutturare il debito aziendale.
- A tutte le imprese che non licenzieranno e non faranno ricorso alla cassa integrazione, MPS rimborserà il 2 %. In pratica l'azienda pagherà il 5 % di interesse (si tratta di un prodotto a tasso fisso), ma alla fine dell'anno, se non ci saranno licenziamenti, gli verrà rimborsato il 2%.
- Tutte le aziende che riusciranno ad esportare almeno il 10% di quanto esportavano lo scorso anno avranno uno sconto del 25 % sullo spred nei finanziamenti a tasso variabile.
- Le aziende potranno sospendere per 12 mesi il pagamento della quota capitale dei finanziamenti.
- Verranno prorogati di sei mesi i finanziamenti concessi in virtù di lavori svolti verso le PA, per tamponare i ritardi nei pagamenti degli enti pubblici.
- Verranno concessi finanziamenti per capitalizzare l'azienda stessa e per ristrutturare il debito aziendale.
mercoledì 26 agosto 2009
Aumentano i protesti, Adiconsum chiede moratoria
“I recenti dati di Unioncamere sui protesti elevati nel primo semestre del 2009 dimostrano come la situazione finanziaria del nostro Paese sia molto grave.
L'aumento dell'ammontare, del numero e dell'importo medio dei protesti è un dato molto preoccupante, che dimostra come imprese e famiglie stiano soffrendo in maniera al limite della sopportabilità. Lo si legge in una nota di Adiconsum.
Per le imprese l'Associazione Bancaria Italiana ha sottoscritto un accordo con la Confindustria per una moratoria dei debiti di dodici mesi.
La stessa soluzione dovrà essere trovata anche per le famiglie, tenuto conto che le poche altre misure fin qui ricercate non hanno avuto l'effetto sperato.
Adiconsum, a fronte della crisi delle famiglie, chiede:
- Al Parlamento di approvare immediatamente alla riapertura dei lavori, dando anche sede legislativa alla Commissione Giustizia, la riforma della legge sulla prevenzione usura che contiene anche la normativa per far fronte al sovra indebitamento delle famiglie.
- Al Governo di emanare un decreto d'urgenza per bloccare o sostenere economicamente tutte le categorie deboli, a partire dai pensionati e dalle famiglie con persone diversamente abili, i prezzi delle principali utenze. Un intervento urgente deve essere fatto anche sul prezzo dei carburanti, che seguitano ad aumentare nonostante il prezzo del petrolio si sia fermato e in più occasioni ridotto.
- All'Associazione Bancaria Italiana di sottoscrivere con le rappresentanze nazionali dei consumatori un accordo bilaterale per estendere alle famiglie la moratoria concessa alle imprese.
La crisi che rischia di aggravarsi nel secondo semestre quando esploderanno tutti i problemi legati ai licenziamenti, alla cassa integrazione e alla crisi dei consumi si combatte e si vince non con le promesse, ma con l'attuazione di misure semplici e concrete.”
(Teleborsa)
L'aumento dell'ammontare, del numero e dell'importo medio dei protesti è un dato molto preoccupante, che dimostra come imprese e famiglie stiano soffrendo in maniera al limite della sopportabilità. Lo si legge in una nota di Adiconsum.
Per le imprese l'Associazione Bancaria Italiana ha sottoscritto un accordo con la Confindustria per una moratoria dei debiti di dodici mesi.
La stessa soluzione dovrà essere trovata anche per le famiglie, tenuto conto che le poche altre misure fin qui ricercate non hanno avuto l'effetto sperato.
Adiconsum, a fronte della crisi delle famiglie, chiede:
- Al Parlamento di approvare immediatamente alla riapertura dei lavori, dando anche sede legislativa alla Commissione Giustizia, la riforma della legge sulla prevenzione usura che contiene anche la normativa per far fronte al sovra indebitamento delle famiglie.
- Al Governo di emanare un decreto d'urgenza per bloccare o sostenere economicamente tutte le categorie deboli, a partire dai pensionati e dalle famiglie con persone diversamente abili, i prezzi delle principali utenze. Un intervento urgente deve essere fatto anche sul prezzo dei carburanti, che seguitano ad aumentare nonostante il prezzo del petrolio si sia fermato e in più occasioni ridotto.
- All'Associazione Bancaria Italiana di sottoscrivere con le rappresentanze nazionali dei consumatori un accordo bilaterale per estendere alle famiglie la moratoria concessa alle imprese.
La crisi che rischia di aggravarsi nel secondo semestre quando esploderanno tutti i problemi legati ai licenziamenti, alla cassa integrazione e alla crisi dei consumi si combatte e si vince non con le promesse, ma con l'attuazione di misure semplici e concrete.”
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mercoledì 15 luglio 2009
Crisi: piu' penalizzato chi ha investito solo sul marchio
"E' un segmento particolare, che non va per tutti allo stesso modo. Ci sono aziende che hanno impostato la propria strategia sul marchio senza badare ai prezzi, pensando che marchio e pubblicita' coprano sempre tutto. Queste aziende subiscono la crisi in modo forte". Sono parole di Diego Della Valle, patron di Tod's, intervistato da MF-Dow Jones News.
Il manager ha sottolineato come il suo gruppo sia stato "tra quelli che hanno lavorato per continuare a fare prodotti di grande qualita' non soggetti a mode." Secondo Della Valle "Questi gruppi hanno potuto gestire la crisi con buoni risultati perche' hanno pensato al consumatore che non vuole spendere meno ma vuole possedere beni da utilizzare per lungo tempo".
Il manager ha sottolineato come il suo gruppo sia stato "tra quelli che hanno lavorato per continuare a fare prodotti di grande qualita' non soggetti a mode." Secondo Della Valle "Questi gruppi hanno potuto gestire la crisi con buoni risultati perche' hanno pensato al consumatore che non vuole spendere meno ma vuole possedere beni da utilizzare per lungo tempo".
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venerdì 10 luglio 2009
Questa crisi ha sorpreso tutti, anche le banche
Alle dichiarazioni del ministro Tremonti, che continua a punzecchiare le banche, che a suo parere “non rimettono in moto con sufficiente rapidità il credito alle imprese, aumentano gli impieghi nel settore finanziario ma non gli impieghi per l'industria”, Gianpaolo Fagioli, presidente Apindustria, risponde:
“Questa crisi ha sorpreso tutti, anche le banche. Alcune di queste, in difficoltà, hanno smesso di erogare credito alle imprese e hanno continuato così anche dopo l’intervento del Governo, venendo meno alla loro mission: prestare denaro a chi ne ha bisogno secondo la solvibilità di ciascuno.
La piccola e media impresa ha invece la necessità strutturale di continuare ad essere affiancata dal sistema bancario. Per questo è fondamentale lavorare per migliorare questo rapporto. Da una parte l’imprenditore deve riprendere in mano la gestione finanziaria dell’azienda, troppo spesso erroneamente delegata; dall’altra, occorre spronare le banche a recuperare il rapporto col territorio messo in discussione dalle fusioni e ad avvalersi del sistema dei Consorzi Fidi per agevolare l’erogazione del credito. Che si possa fare di più, è vero, soprattutto in termine di fiducia nei confronti del mondo della piccola impresa. Confido nella responsabilità dei nostri banchieri e che venga accolto l’appello di Tremonti.”
“Questa crisi ha sorpreso tutti, anche le banche. Alcune di queste, in difficoltà, hanno smesso di erogare credito alle imprese e hanno continuato così anche dopo l’intervento del Governo, venendo meno alla loro mission: prestare denaro a chi ne ha bisogno secondo la solvibilità di ciascuno.
La piccola e media impresa ha invece la necessità strutturale di continuare ad essere affiancata dal sistema bancario. Per questo è fondamentale lavorare per migliorare questo rapporto. Da una parte l’imprenditore deve riprendere in mano la gestione finanziaria dell’azienda, troppo spesso erroneamente delegata; dall’altra, occorre spronare le banche a recuperare il rapporto col territorio messo in discussione dalle fusioni e ad avvalersi del sistema dei Consorzi Fidi per agevolare l’erogazione del credito. Che si possa fare di più, è vero, soprattutto in termine di fiducia nei confronti del mondo della piccola impresa. Confido nella responsabilità dei nostri banchieri e che venga accolto l’appello di Tremonti.”
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giovedì 9 luglio 2009
L’imprenditore in tempo di crisi
“L’ottimismo è da sempre ciò che anima l’imprenditore e lo sprona ad andare avanti e guardare al futuro nonostante le difficoltà di oggi.
Certo, un tempo era più facile essere ottimisti, con un’economia in continua crescita. Oggi l’imprenditore di fronte alla crisi ha acquisito un ottimismo più ragionato, più basato sull’analisi e sulla fiducia nei propri progetti e nelle proprie idee. Ciò premesso, non possiamo dire che dalla crisi siamo usciti e la brusca caduta del Pil evidenzia che la strada per superarla completamente sarà ancora lunga. Gli ultimi dati Istat hanno però evidenziato una ripresa della crescita della produzione industriale e questo è un dato più che positivo; significa che abbiamo cominciato a risalire, con un approccio diverso e forse con altre aspettative. Nel dialogo con gli associati di questi ultimi tempi poi ho colto un altro elemento importante: l’imprenditore ha superato lo choc iniziale anche sotto il profilo umano, ha saputo reagire ed ha attuato cambiamenti organizzativi importanti all’interno della propria azienda.” (Gianpaolo Fagioli, presidente Apindustria)
Certo, un tempo era più facile essere ottimisti, con un’economia in continua crescita. Oggi l’imprenditore di fronte alla crisi ha acquisito un ottimismo più ragionato, più basato sull’analisi e sulla fiducia nei propri progetti e nelle proprie idee. Ciò premesso, non possiamo dire che dalla crisi siamo usciti e la brusca caduta del Pil evidenzia che la strada per superarla completamente sarà ancora lunga. Gli ultimi dati Istat hanno però evidenziato una ripresa della crescita della produzione industriale e questo è un dato più che positivo; significa che abbiamo cominciato a risalire, con un approccio diverso e forse con altre aspettative. Nel dialogo con gli associati di questi ultimi tempi poi ho colto un altro elemento importante: l’imprenditore ha superato lo choc iniziale anche sotto il profilo umano, ha saputo reagire ed ha attuato cambiamenti organizzativi importanti all’interno della propria azienda.” (Gianpaolo Fagioli, presidente Apindustria)
venerdì 26 giugno 2009
L’aumento di capitale è sempre più diffuso
La già lunga lista delle società che hanno avviato misure di rafforzamento patrimoniale (Pirelli Re, Camfim, Enel, Sam, Seat, Tiscali… solo per citare alcuni casi italiano, ma la tendenza è largamente diffusa in tutta Europa) è probabilmente destinata ad aumentare ulteriormente nei prossimi mesi.
Si tratta ovviamente di un effetto della crisi finanziaria, che ha posto alle aziende gravi problemi che meno di un anno fa sarebbero stati facilmente evitati. Trovarsi improvvisamente con una domanda di prodotti o di servizi inaspettatamente più bassa anche di molti punti percentuali rispetto alla norma mette la struttura finanziaria di qualsiasi impresa sotto stress, sia perché con meno ricavi diventa più difficile onorare le scadenze del debito, sia perché è facile ritrovarsi alle prese con un’esplosione imprevista del circolante. Alcune società invece si sono trovate improvvisamente “fuori mercato”, dopo essere state abituate per anni a condurre la propria attività con alti livelli di debito e la pressione delle banche creditrici, a vario titolo, è stata tale che si è dovuta cambiare la modalità stessa con cui si era operato fino a pochi mesi prima. Tanto debito in caso di attività profittevole, specie nel breve periodo, non fa altro che aumentare i ritorni dell’azionista ma per ovvi motivi rende la società più esposta ai rischi derivanti da momenti di incertezza e recessione.
Non sono quindi solo le banche ad avere calcato troppo la mano con l’assunzione di rischi insostenibili nel medio-lungo periodo o a essersi trovate impreparate e inadeguate alle mutate condizioni di mercato, ma anche parte del mondo produttivo.
C’è da dire che le uniche a non avere perso il proprio “sano” sospetto verso debiti ingiustificati e operazioni finanziarie stranamente alla moda sono state le piccole imprese italiane.
Si tratta ovviamente di un effetto della crisi finanziaria, che ha posto alle aziende gravi problemi che meno di un anno fa sarebbero stati facilmente evitati. Trovarsi improvvisamente con una domanda di prodotti o di servizi inaspettatamente più bassa anche di molti punti percentuali rispetto alla norma mette la struttura finanziaria di qualsiasi impresa sotto stress, sia perché con meno ricavi diventa più difficile onorare le scadenze del debito, sia perché è facile ritrovarsi alle prese con un’esplosione imprevista del circolante. Alcune società invece si sono trovate improvvisamente “fuori mercato”, dopo essere state abituate per anni a condurre la propria attività con alti livelli di debito e la pressione delle banche creditrici, a vario titolo, è stata tale che si è dovuta cambiare la modalità stessa con cui si era operato fino a pochi mesi prima. Tanto debito in caso di attività profittevole, specie nel breve periodo, non fa altro che aumentare i ritorni dell’azionista ma per ovvi motivi rende la società più esposta ai rischi derivanti da momenti di incertezza e recessione.
Non sono quindi solo le banche ad avere calcato troppo la mano con l’assunzione di rischi insostenibili nel medio-lungo periodo o a essersi trovate impreparate e inadeguate alle mutate condizioni di mercato, ma anche parte del mondo produttivo.
C’è da dire che le uniche a non avere perso il proprio “sano” sospetto verso debiti ingiustificati e operazioni finanziarie stranamente alla moda sono state le piccole imprese italiane.
martedì 23 giugno 2009
Le imprese e la crisi
Un’indagine della banca centrale fa emergere come il nostro sistema produttivo sia stato interessato in larga parte da un processo di ristrutturazione avviato all’inizio di questo decennio e volto ad un recupero del valore aggiunto e della produttività del lavoro (attraverso una crescita della scala dimensionale, dell’intensità tecnologica e dell’apertura internazionale).
Le imprese ristrutturate e finanziariamente più solide, sono oggi in grado di affrontare meglio la crisi, consolidando il primato tecnologico e diversificando i mercati di sbocco. Quelle, più numerose, che hanno dovuto fare ricorso all’indebitamento si trovano adesso di fronte a tensioni di liquidità (mancati incassi, restrizioni creditizie e difficoltà ad accedere al mercato dei capitali) che rischiano di vedere pregiudicati seriamente gli sforzi della ristrutturazione o, addirittura, di essere travolte dalla crisi stessa, come succede alle imprese più piccole (con meno di 20 addetti), a quelle del Mezzogiorno o a quelle sub-fornitrici di imprese maggiori, da cui subiscono tagli negli ordinativi o ritardi nei pagamenti.
C’è una crisi nella crisi che rischia di aumentare la mortalità delle imprese aggiungendo a quelle spazzate via per ragioni di inefficienza (la shumpeteriana “distruzione creatrice”), le aziende che soffrono soltanto di “asfissia finanziaria”, e che avrebbero invece tutti i numeri per prosperare, una volta superata la fase critica legata al ciclo economico.
L’asfissia finanziaria, confermata dall’andamento riscontrato di recente sul mercato dei prestiti bancari, può essere evitata sia con l’intervento pubblico sia con quello delle banche. Per il primo si tratta, oltre che dell’accelerazione dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, come si è detto, anche del potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi e della estensione di garanzie per il ripristino, ad esempio, del mercato delle cartolarizzazioni bancarie.
(Rocco Corigliano, Ilsussidiario)
Le imprese ristrutturate e finanziariamente più solide, sono oggi in grado di affrontare meglio la crisi, consolidando il primato tecnologico e diversificando i mercati di sbocco. Quelle, più numerose, che hanno dovuto fare ricorso all’indebitamento si trovano adesso di fronte a tensioni di liquidità (mancati incassi, restrizioni creditizie e difficoltà ad accedere al mercato dei capitali) che rischiano di vedere pregiudicati seriamente gli sforzi della ristrutturazione o, addirittura, di essere travolte dalla crisi stessa, come succede alle imprese più piccole (con meno di 20 addetti), a quelle del Mezzogiorno o a quelle sub-fornitrici di imprese maggiori, da cui subiscono tagli negli ordinativi o ritardi nei pagamenti.
C’è una crisi nella crisi che rischia di aumentare la mortalità delle imprese aggiungendo a quelle spazzate via per ragioni di inefficienza (la shumpeteriana “distruzione creatrice”), le aziende che soffrono soltanto di “asfissia finanziaria”, e che avrebbero invece tutti i numeri per prosperare, una volta superata la fase critica legata al ciclo economico.
L’asfissia finanziaria, confermata dall’andamento riscontrato di recente sul mercato dei prestiti bancari, può essere evitata sia con l’intervento pubblico sia con quello delle banche. Per il primo si tratta, oltre che dell’accelerazione dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, come si è detto, anche del potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi e della estensione di garanzie per il ripristino, ad esempio, del mercato delle cartolarizzazioni bancarie.
(Rocco Corigliano, Ilsussidiario)
venerdì 5 giugno 2009
Ripresa? Favoriti i titoli delle piccole imprese
"È presto per dire se siamo di fronte a una nuova fase rialzista per le azioni. Ma se fosse così, i titoli delle piccole imprese sarebbero i favoriti.
Le piccole imprese tendono a essere molto più sensibili alla congiuntura economica rispetto alle grandi. In genere infatti non operano in settori difensivi, offrono una gamma di prodotti meno diversificata, e di regola incontrano maggiori difficoltà di accesso ai mercati del debito e ai finanziamenti bancari.
In una situazione di calo dell’economia globale e di crisi dei mercati del credito, sarebbe logico aspettarsi tempi difficili per le piccole imprese. Le small cap, in effetti, hanno subito i contraccolpi più gravi nel mercato ribassista.
Nel periodo di rialzi tra il 2003 e il 2007 le piccole imprese europee hanno registrato un profitto annuo medio del 30%, contro il 18% delle large cap. Nel 2008 hanno perso il 51% del loro valore, ma le large cap europee, con una perdita del 45%, non hanno registrato un andamento molto migliore.
Oggi gli investitori sembrano più propensi a concentrarsi sugli sviluppi positivi per il 2009 e gli anni successivi piuttosto che sulle note puramente negative. E con il migliorare delle previsioni, torna l’interesse nelle small cap in quanto scommessa ciclica in fase di ripresa. Dall’inizio dell’anno, le small cap europee hanno reso oltre l'11%. Le large cap hanno perso il 2,2%. A partire dal minimo di metà marzo, le small cap hanno guadagnato quasi l’8% in più delle large cap.
Nel corso della fase di mercato ribassista, abbiamo visto un'estrema avversione al rischio da parte degli investitori. Fino a quando la crescita non si sarà imposta, questa riluttanza a investire in asset speculativi può rappresentare un limite alla crescita delle small cap.
Ma spesso è la negoziazione di tipo "contrarian” a dare i frutti migliori. Acquistare quando gli altri sono diffidenti può rivelarsi estremamente vantaggioso.
Ed esistono molte ragioni per le quali le piccole imprese dovrebbero registrare performance migliori con il miglioramento della situazione economica:
- Molti dei competitor più deboli nella fascia delle small cap sono già stati annientati dalla stretta creditizia e dalla recessione; quelle rimaste, quindi, sono le società meglio dotate.
- Alcune large cap potrebbero trovarsi in posizioni più deboli in termini di concorrenza poiché ora hanno azionisti statali con impegni di politica sociale da rispettare.
- L’aumento delle quote di mercato ha un impatto molto maggiore sulla redditività e sul potenziale di crescita delle piccole imprese. È più facile sovraperformare quando si è piccoli e agili che quando si è un colosso multinazionale.
- I dirigenti tendono a essere più strettamente legati alla sorte della società. I dipendenti e i proprietari sono più motivati a fare in modo che la società abbia successo.
- Nonostante la riduzione di valore delle small cap sia stata solo di poco superiore a quella delle large cap, e dopo un aumento decisamente maggiore nella fase rialzista, le small cap ora sono comunque negoziate a valutazioni più interessanti rispetto alle grandi.
- È più facile trovare anomalie nei prezzi nella fascia delle small cap perché sono meno numerosi gli analisti che coprono il titolo e i possibili acquirenti. Le perle nascoste abbondano. Colin Stone, il gestore del portafoglio small cap europee osserva: "Ho visto più anomalie in termini di valutazione negli ultimi sei mesi che nei miei 22 anni di carriera. Ho in portafoglio molti titoli che potrebbero facilmente triplicare il loro valore nei prossimi due o tre anni”.
- Alcune delle società ora considerate tecnicamente small cap (per esempio Ual, la capogruppo di United Airlines), sono “fallen angels", angeli caduti, ex large cap. "
(di Fidelity International - La Mia Finanza)
Le piccole imprese tendono a essere molto più sensibili alla congiuntura economica rispetto alle grandi. In genere infatti non operano in settori difensivi, offrono una gamma di prodotti meno diversificata, e di regola incontrano maggiori difficoltà di accesso ai mercati del debito e ai finanziamenti bancari.
In una situazione di calo dell’economia globale e di crisi dei mercati del credito, sarebbe logico aspettarsi tempi difficili per le piccole imprese. Le small cap, in effetti, hanno subito i contraccolpi più gravi nel mercato ribassista.
Nel periodo di rialzi tra il 2003 e il 2007 le piccole imprese europee hanno registrato un profitto annuo medio del 30%, contro il 18% delle large cap. Nel 2008 hanno perso il 51% del loro valore, ma le large cap europee, con una perdita del 45%, non hanno registrato un andamento molto migliore.
Oggi gli investitori sembrano più propensi a concentrarsi sugli sviluppi positivi per il 2009 e gli anni successivi piuttosto che sulle note puramente negative. E con il migliorare delle previsioni, torna l’interesse nelle small cap in quanto scommessa ciclica in fase di ripresa. Dall’inizio dell’anno, le small cap europee hanno reso oltre l'11%. Le large cap hanno perso il 2,2%. A partire dal minimo di metà marzo, le small cap hanno guadagnato quasi l’8% in più delle large cap.
Nel corso della fase di mercato ribassista, abbiamo visto un'estrema avversione al rischio da parte degli investitori. Fino a quando la crescita non si sarà imposta, questa riluttanza a investire in asset speculativi può rappresentare un limite alla crescita delle small cap.
Ma spesso è la negoziazione di tipo "contrarian” a dare i frutti migliori. Acquistare quando gli altri sono diffidenti può rivelarsi estremamente vantaggioso.
Ed esistono molte ragioni per le quali le piccole imprese dovrebbero registrare performance migliori con il miglioramento della situazione economica:
- Molti dei competitor più deboli nella fascia delle small cap sono già stati annientati dalla stretta creditizia e dalla recessione; quelle rimaste, quindi, sono le società meglio dotate.
- Alcune large cap potrebbero trovarsi in posizioni più deboli in termini di concorrenza poiché ora hanno azionisti statali con impegni di politica sociale da rispettare.
- L’aumento delle quote di mercato ha un impatto molto maggiore sulla redditività e sul potenziale di crescita delle piccole imprese. È più facile sovraperformare quando si è piccoli e agili che quando si è un colosso multinazionale.
- I dirigenti tendono a essere più strettamente legati alla sorte della società. I dipendenti e i proprietari sono più motivati a fare in modo che la società abbia successo.
- Nonostante la riduzione di valore delle small cap sia stata solo di poco superiore a quella delle large cap, e dopo un aumento decisamente maggiore nella fase rialzista, le small cap ora sono comunque negoziate a valutazioni più interessanti rispetto alle grandi.
- È più facile trovare anomalie nei prezzi nella fascia delle small cap perché sono meno numerosi gli analisti che coprono il titolo e i possibili acquirenti. Le perle nascoste abbondano. Colin Stone, il gestore del portafoglio small cap europee osserva: "Ho visto più anomalie in termini di valutazione negli ultimi sei mesi che nei miei 22 anni di carriera. Ho in portafoglio molti titoli che potrebbero facilmente triplicare il loro valore nei prossimi due o tre anni”.
- Alcune delle società ora considerate tecnicamente small cap (per esempio Ual, la capogruppo di United Airlines), sono “fallen angels", angeli caduti, ex large cap. "
(di Fidelity International - La Mia Finanza)
venerdì 22 maggio 2009
Crisi, terzo suicidio in Veneto
Riporto quasta agghiacciante notizia letta su Repubblica.
Secondo quanto riporta il quotidiano, ieri si sarebbe suicidato un imprenditore trevigiano, vittima della depressione per la crisi economica e dell'angoscia di dovere licenziare.
Da ottobre a oggi è il terzo caso in Veneto.
"Temevano di dover licenziare. Per questo si sono uccisi. Sotto il treno, con una corda al collo o un colpo di pistola al cuore: hanno voluto cancellare l'incubo che non sopportavano più. In tre, da ottobre a oggi, tra Treviso e Padova, piccoli imprenditori, artigiani o manager. Dinanzi alll'imperativo di dover cacciare i loro dipendenti travolti dalla crisi economica, hanno preferito scomparire piuttosto che affrontare quello che ai loro occhi era un vero e proprio disonore, un tradimento della fiducia che le maestranze gli avevano concesso. L'ultima vittima nel Veneto, è un dirigente d'azienda di 43 anni di Villorba, in provincia di Treviso. Stamane si è gettato sotto un treno in viaggio sulla linea Venezia-Bassano del Grappa, a Castello di Godego. A giorni avrebbe dovuto convocare i sindacati per annunciare la cassa integrazione. Non ha lasciato scritti per spiegare il suo gesto il manager, ma chi lo conosce bene non ha dubbi: lo ha ucciso lo stress di queste settimane, le trattative infinite con i rappresentanti sindacali, l'angoscia che la crisi avrebbe annullato l'azienda in cui lavorava."
(fonte La Repubblica)
Secondo quanto riporta il quotidiano, ieri si sarebbe suicidato un imprenditore trevigiano, vittima della depressione per la crisi economica e dell'angoscia di dovere licenziare.
Da ottobre a oggi è il terzo caso in Veneto.
"Temevano di dover licenziare. Per questo si sono uccisi. Sotto il treno, con una corda al collo o un colpo di pistola al cuore: hanno voluto cancellare l'incubo che non sopportavano più. In tre, da ottobre a oggi, tra Treviso e Padova, piccoli imprenditori, artigiani o manager. Dinanzi alll'imperativo di dover cacciare i loro dipendenti travolti dalla crisi economica, hanno preferito scomparire piuttosto che affrontare quello che ai loro occhi era un vero e proprio disonore, un tradimento della fiducia che le maestranze gli avevano concesso. L'ultima vittima nel Veneto, è un dirigente d'azienda di 43 anni di Villorba, in provincia di Treviso. Stamane si è gettato sotto un treno in viaggio sulla linea Venezia-Bassano del Grappa, a Castello di Godego. A giorni avrebbe dovuto convocare i sindacati per annunciare la cassa integrazione. Non ha lasciato scritti per spiegare il suo gesto il manager, ma chi lo conosce bene non ha dubbi: lo ha ucciso lo stress di queste settimane, le trattative infinite con i rappresentanti sindacali, l'angoscia che la crisi avrebbe annullato l'azienda in cui lavorava."
(fonte La Repubblica)
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