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lunedì 23 marzo 2015

La crisi costringe ad abbattere i costi d’impresa. Perché non iniziare da quelli di spedizione?

Le imprese sono alla ricerca di qualunque metodo per abbattere i costi d’impresa. La crisi e la concorrenza estera impongono di stare attenti ad ogni euro speso per evitare di finire in perdita. C’è chi taglia, purtroppo, sul personale, chi sui servizi, chi ancora acquista beni insieme ad altri imprenditori per abbattere i costi. Ma sono ancora in pochi quelli che hanno messo nel mirino della spending review il settore della logistica.

Spedire prodotti può infatti essere molto costoso. Basta pensare a quanto può chiedere un corriere per inviare un pacco negli Stati Uniti, in Brasile o Australia. Le imprese possono contare adesso su uno strumento per abbattere i costi di invio: si chiama Packlink.

Packlink è un sito internet dove è possibile confrontare le tariffe applicate dalle maggiori società di spedizione per poi scegliere quella più conveniente. Utilizzarlo è semplice: basta inserire il volume del pacco, il suo peso, indirizzo di spedizione e di recapito. Il gioco è fatto. In un attimo si visualizzano tutte le opzioni tra le quali scegliere, con prezzi e tempi di consegna. Si stampa la bolla di viaggio e si aspetta che il correre venga a fare il ritiro.

Ma c’è di più. Per chi invia più di dieci pacchi alla settimana, Packlink offre degli sconti speciali. Senza contare che chi è iscritto alla newsletter può già usufruire delle promozioni che vengono offerte. L’obbiettivo è sempre lo stesso: dare la possibilità a privati e aziende di spedire in giro per il mondo al miglior prezzo.

Come fa Packlink a offrire sconti che arrivano fino al 70% sulle tariffe praticate direttamente dagli spedizionieri? Semplice, perché Packlink ha accordi commerciali con i principali corrieri. Per società come UPS, Bartolini o Tnt è più conveniente fare accordi con Packlink, e lo è anche per i privati.

giovedì 13 novembre 2014

L’Italia che investe nell’Italia: le attività di CDP in 4 siti e un video



Il tempo di uno spot per cominciare. Quattro minisiti per conoscere meglio Cassa depositi e prestiti. L’Istituto esordisce nel mondo dell’advertising per raccontare la sua lunga storia e il ruolo che svolge ogni giorno per sostenere il Paese. 
Lo fa con una campagna integrata, concepita da Publicis e pianificada da OMD, che va dai periodici alla televisione,  arrivando fino al web. Lo spot, affidato alla casa di produzione Akita, con la regia di Ago Panini e la fotografia di LSD, è scandito dalla voce di uno degli attori italiani più amati, Giancarlo Giannini.
CDP è “L’Italia che investe nell’Italia”. Una frase e un’idea che fanno da filo conduttore non solo alle immagini che scorrono sugli schermi televisivi, ma anche ai minisiti web creati per l’occasione: le pagine sostegno agli enti locali e alla scuola, social housing e la valorizzazione degli immobili, sostegno alle imprese e reti e trasporti sono state create per offrire un quadro completo dell’attività di CDP. Un’attività fatta di investimenti in favore degli imprenditori che desiderano crescere. E al fianco degli enti pubblici che vogliono offrire ai cittadini una vita migliore.

martedì 25 febbraio 2014

Italiani più prudenti sulle scelte di investimento

Ha ragione il Sole 24 Ore a dire che siamo diventati più attenti quando si parla di risparmio? Forse la situazione economica in cui ci troviamo ci ha portato a pensare due volte prima di investire...

Italiani più prudenti rispetto al risparmio, almeno secondo il sondaggio condotto da IPR Marketing, diretto da Antonio Noto, in esclusiva per Plus24. I numeri sono eloquenti: il 64% dice di guardare più all'eventuale rischio che al rendimento e solo il 16% ammette di guardare subito (se non solo) agli schèi, al rendimento atteso. Una situazione in cui secondo Giancarlo Forestieri, ordinario di economia degli intermediari finanziari alla Bocconi: «si può riscontrare un atteggiamento che impropriamente vede il rischio come "possibilità di perdita", o quello che in letteratura è definito come loss aversion. Questo può spiegare il peso maggiore che assume rispetto al rendimento». I prodotti complessi poi rendono ancora più guardinghi gli investitori, che per l'83% si dichiarano allineati all'indicazione dell'Esma (l'authority europea dei mercati finanziari) che ha di recente avvertito: meglio evitare di investire se non si capiscono le caratteristiche del prodotto. Ovviamente questo presupporrebbe che l'investitore riesca a percepire effettivamente il prodotto di investimento che si compra. Secondo Simone Mariotti, promotore finanziario e saggista: «"Quanto rende" è da sempre la prima richiesta che arriva dalla maggior parte degli investitori. Chiunque affermi il contrario racconta storie o non ha mai avuto rapporti diretti con i risparmiatori. Che poi negli ultimi anni sia maturata una sorta di paura, che ha portato anche ad affiancare la richiesta "basta non perdere", è ugualmente vero. Ma la realtà è che si sa che ci sono dei rischi, ma pur essendone un po' più consapevoli che in passato (sempre però con grandi lacune e grandi amnesie), si tende a volere la moglie ubriaca e la botte piena»

martedì 19 novembre 2013

Una terra di risparmiatori. Cresce il “tesoro” in banca

Secondo quanto ci dice la Repubblica, i piemontesi sono colori i quali maggiormente riescono a risparmiare anche in tempi di crisi.

Torino - Il Piemonte non è terra per cicale. Nonostante la crisi, che colpisce al cuore le imprese e fa impennare il numero dei disoccupati, nonostante il calo nei consumi che fa disperare commercianti e esercenti, il “tesoretto” in banca è sempre più cospicuo. Da brave formichine i piemontesi riescono a risparmiare anche in tempi di recessione. A giugno la Banca d'Italia ha contato 128,2 miliardi che le famiglie e le imprese piemontesi hanno dato in custodia agli istituti, ossia il 2,7 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2012. Sul conto. Nel totale dell’indagine di Bankitalia figurano 87 miliardi in 'depositi', più della metà dei quali parcheggiati sui conti correnti (52 miliardi, più 4 per cento su giugno 2012). Un terzo dei soldi (35 miliardi per la precisione, quasi un dieci per cento in più rispetto a dodici mesi prima) sono versati su depositi di risparmio, dunque vincolati rispetto a quelli dei conti correnti. Ma ci sono anche 41 miliardi investiti in obbligazioni bancarie: una cifra in leggero calo rispetto a un anno fa (meno 1,7 per cento) ma comunque sempre di un certo impatto.

Il portafoglio:

Nei primi sei mesi dell'anno è aumentato anche il valore dei titoli posseduti dalle famiglie e dalle imprese: 80 miliardi in tutto, cresciuti del 5,2 per cento rispetto a metà 2012. Se si guarda alla sola clientela retail, escludendo quindi le aziende, si nota come i piemontesi abbiano un buon feeling con i titoli di Stato. Bot, Cct, Btp piacciono sempre a Cuneo come a Novara, a Asti come a Biella. Complessivamente la ricchezza dei piemontesi investita negli strumenti offerti dallo Stato tocca quota 24 miliardi, con una crescita dello 0,5 per cento rispetto al giugno di dodici mesi fa. Ma è tornata anche un po' di passione per le azioni. Su Piazza Affari e altre borse internazionali sono impegnati 7,5 miliardi. Poco meno di un terzo rispetto a quanto è destinato ai titoli di Stato ma in questo caso colpisce di più la performance rispetto all’anno precedente: il 6,8 per cento in più. Insomma la Borsa torna a sedurre, complice anche il trading online che pure in Piemonte raccoglie un numero sempre maggiore di clienti. Però il vero “boom” è quello registrato dagli “organismi collettivi di risparmio”, cioè fondi comuni e Sicav. Insomma, forse scottati da precedenti esperienze non proprio confortanti e frenati da un andamento dei mercati borsistici spesso altalenante, la maggior parte dei piemontesi disposta a rischiare qualcosa pur di avere interessi un po’ più ignificativi di quelli offerti dai titoli di Stato, hanno puntato sui fondi comuni, nelle loro diverse declinazioni. Alla fine ne è uscito un capitale che di poco sorpassa quello investito nei titoli del Tesoro: 24,7 miliardi, una cifra lievitata del 25,9 per cento. Male invece le obbligazioni: hanno registrato una flessione del 18,9 per cento rispetto alla penultima indagine della Banca d’Italia.

Il credito:

In flessione ma sostanzialmente stabile rispetto a un anno fa l’importo dei prestiti (sia delle banche, sia delle società finanziarie) è diminuito dello 0,3 per cento, come dodici mesi fa. L’andamento negativo si spiega con l’ulteriore calo dei prestiti per l’acquisto di abitazioni, scesi dell’1,1 per cento. Per contro, il credito al consumo è cresciuto dello 0,7 per cento, merito soprattutto delle società finanziarie brave a intercettare clienti anche della banche (performance negativa per queste ultime). Ai piemontesi piacciono sempre molto i titoli di Stato anche se nell’ultimo anno sono stati scavalcati dai fondi comuni.

martedì 1 ottobre 2013

Scatta l’aumento dell’Iva “Una mazzata alla ripresa”

Un estratto dalla Stampa che ci mostra a che cosa potrebbe portare il nuovo aumento dell'Iva appena partito.

Dal vino al caffè, dai frigoriferi alle tv, dagli smartphone ai tablet. E ancora: dai prodotti per la casa a quelli per la cura della persona, dall’ingresso in piscina ai pacchetti vacanza. E prodotti di cartoleria, giocattoli, bibite gassate, succhi di frutta, mobili e biancheria, per dirne alcuni. Un elenco lungo così. La vita, per molti aspetti, da questa mattina costa l’1% in più.

Scatta l’aumento dell’Iva. L’aliquota più elevata - applicata ai prodotti non di prima necessità - passa dal 21 al 22%. E son dolori. Per Federdistribuzione comporterà tra i 105 e 110 euro di costi l’anno in più per famiglia, secondo Coop Italia saran quasi 200 euro. Più pessimisti i consumatori del Codacons: 349 euro in più. La benzina verde - informa Quotidiano Energia - dalla mezzanotte di ieri costa 1,5 centesimi in più, il gasolio 1,4. Insomma, un salasso. «Calcoliamo che il 40% dell’Aumento dell’Iva riguardi i prodotti di acquisto abituale», spiega Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. 

Il gettito atteso sarebbe pari a 4,2 miliardi. «In realtà - avverte Cobolli Gigli - succederà che in primo luogo aumenterà l’evasione e creerà quello che sostanzialmente è una concorrenza sleale tra operatori. Quindi ci sarà comunque un calo dei consumi. E il gettito ne soffrirà». Intanto, a soffrire, sarà il carrello della spesa. «Le famiglie che già stanno facendo delle rinunce saranno costrette a farne altre». Così se tra gennaio e luglio i consumi son già crollati a valore del 2,6% «per fine anno mi aspetto fino al -3%, tra l’Iva e un ritorno di sfiducia dovuto anche all’instabilità politica».

E pensare che le cose iniziavano, seppure lentamente, a migliorare. «Segnali deboli», li chiama Maurizio Motta, direttore generale di Mediamarket, cui fanno capo i marchi Mediaworld e Saturn, il quale aveva notato «da marzo una nuova crescita dei visitatori nei punti vendita e qualche timido segnale negli acquisti e nell’interesse per le novità tecnologiche». Poi «la farsa e la tragedia» dell’Iva: «Una mazzata psicologica, che raffredda ogni tipo di segnale». Così gli ultimi tre mesi, che «per noi potevano essere positivi tra lo 0 e il 2%, con una stabilizzazione», con l’aumento saranno «più vicini allo zero, se non ancora in negativo». In ambito hi-tech, tra i più colpiti dall’aumento, saranno «gli acquisti importanti, come il televisore o il grande elettrodomestico». Non i tablet o gli smartphone «che sono ormai prodotti quasi necessari». Ma i primi effetti non arriveranno oggi, spiega Motta, «ma nel giro di 15-20 giorni, con i primi adeguamenti». Poi nel tempo «le aziende stesse modificheranno i listini: una parte dell’aumento verrà assorbito dalle aziende, parte, purtroppo, sarà sulle spalle dei consumatori. Contando le promozioni, nel tempo, si parla più o meno della metà». 
Ikea per i mobili e Esselunga nella grande distribuzione, diciamo così, più generalista, promettono che non toccheranno i prezzi.


mercoledì 18 settembre 2013

Vendere o affittare: le due strade da seguire per evitare la mannaia sugli alloggi vuoti

Dal Corriere della Sera non arrivano bellissime notizie riguardo i nostri immobili...

Inutile farsi illusioni; le finanze pubbliche vogliono dal mattone 40 miliardi, quanti ne ha ottenuti nel 2012. Se si favorisce la prima casa, e si incentiva l’affitto — come sembra nei piani del governo — finiranno per pagare il conto gli altri immobili. Nel mirino ci saranno sicuramente le seconde case, a maggior ragione se verrà riproposta la norma sulla deducibilità Irpef e Ires dell’Imu, pagata per gli immobili strumentali.
Ricordiamo che questa disposizione era presente nella stesura originaria del decreto legge che ha cancellato l’Imu sulle abitazioni principali. E nell’intenzione dei tecnici del ministero dell’Economia la copertura sarebbe arrivata dalla reintroduzione al 50% della cosiddetta Irpef fondiaria sugli immobili non locati.
Ridurre i danni
Per i proprietari delle case a disposizione che non vogliano affrontare i costi quasi certamente maggiori delle imposte non rimangono che due strade: cercare di vendere o perlomeno di locare l’immobile. Se questo si trova in una località di villeggiatura, una soluzione potrebbe essere quella di affidarlo a una delle società specializzate che ne assumono la gestione e curano la locazione per brevi periodi (in genere a settimana) dell’alloggio, garantendo un rendimento con cui affrontare perlomeno le spese e riservandosi il diritto di utilizzare direttamente l’immobile per qualche settimana. Naturalmente se la casa è in montagna e la si vuole utilizzare a Capodanno o se è al mare, e la si vuole per agosto, il guadagno scende di molto.
Tenere inutilizzato un immobile oggi significa in termini concreti pagare una patrimoniale tra il 4 e il 5 per cento annuo sul suo valore, perché ai costi di manutenzione e all’Imu bisogna aggiungere il mancato introito degli interessi che si otterrebbero investendo il ricavato della vendita. E questo nell’ipotesi ottimistica che i prezzi rimangano invariati. Nelle località turistiche i valori negli ultimi due anni sono scesi in media di oltre il 10%, per il forte aumento di offerta anche nelle località di maggior prestigio e la scarsità della domanda; difficile pensare che il fenomeno non si accentuerà nel breve periodo.
E il discorso non cambia nelle grandi città. A Milano ad esempio aver scelto di non vendere una casa di 80 metri un anno fa significa aver perso complessivamente l’8,7 per cento sul capitale, perché a Imu, spese di gestione e perdita di interessi che ammontano al 4,7%, bisogna aggiungere una svalutazione dell’appartamento su base annua (dati Nomisma) del 4%; il risultato del conto effettuato con la stessa metodologia a Roma darebbe -9%.
Case ai familiari
Se sulle case vuote è chiaro che si andrà di fronte a un ulteriore incremento del carico fiscale, più difficile è prevedere che cosa succederà degli immobili dati in uso ai congiunti. Per la normativa Imu (ed è uno degli aspetti che hanno creato più polemiche), questi immobili sono considerati a tutti gli effetti seconde case.
Se rimarrà questa impostazione purtroppo non ci sono alternative: se si vuole dare un appartamento a un figlio, e non si vogliono pagare le imposte come seconda casa, bisogna intestargli perlomeno l’usufrutto, con un atto di vendita o di donazione. Una soluzione che però presenta molti problemi soprattutto se non si tratta di figlio unico. E con il rischio che ci vogliano poi molti anni per ammortizzare i costi notarili e fiscali legati all’operazione.
L’evoluzione
Sull’evoluzione della normativa poi pende un secondo dubbio: non è affatto chiaro se sparirà l’Imu. Se l'intenzione è quella di far pagare di più chi tiene la casa a disposizione la strada della Service tax non è praticabile, anzi: essendo una tassa, e quindi un corrispettivo di servizi erogati, non si può far pagare di più a chi usufruisce meno dei servizi.
Per mantenere un prelievo patrimoniale su questo tipo di immobili è quindi ipotizzabile che una quota di Imu (magari con un altro nome) finirà per rimanere. La strada alternativa, anche se impropria da un punto di vista formale, perché si applicherebbe un’imposta sui redditi per colpire un patrimonio, è quella del ritorno dell’Irpef, calcolata sul valore catastale dell’immobile.
Nella media delle grandi città l’applicazione dell’Imu ai livelli attuali sommata alla tasse rifiuti porterebbe a un costo medio superiore del 2% per il contribuente; il ritorno dell’Irpef fondiaria al 50%, come prevedeva la stesura originaria del decreto, farebbe scendere di circa il 10% cento il costo per un contribuente medio, ma difficilmente Erario e comuni si accontenterebbero.

lunedì 4 marzo 2013

Svizzera: agli stipendi dei manager viene messo un tetto

La Stampa: con un referendum i cittadini hanno deciso di porre un freno alle retribuzioni milionarie dei dirigenti di banche e aziende

Il referendum contro i megastipendi e i bonus milionari ha stravinto. Indignati dall’avidità di top manager che hanno incassato somme astronomiche, gli svizzeri hanno oggi lanciato un segnale chiarissimo sostenendo con uno storico 67,9% % di voti l’iniziativa popolare lanciata da un piccolo imprenditore per porre un freno alle «retribuzioni abusive» e vietare liquidazioni e paracaduti dorati per i vertici delle aziende quotate in borsa.
«Sono orgoglioso del popolo elvetico. È stata una bella dimostrazione di democrazia. Una vittoria contro avversari potenti che hanno paventato terribili conseguenze economiche e occupazionali con campagne di stampa aggressive e tendenziose», si è rallegrato stasera il «padre» del referendum, il 52enne Thomas Minder, a capo di un’impresa familiare nel cantone di Sciaffusa (nord-est) e parlamentare conservatore indipendente. Ed è vero che il chiaro verdetto delle urne è giunto al termine di una campagna intensa, che ha visto i partiti di centro destra, ma soprattutto la potente Federazione svizzera delle imprese, Economiesuisse, investire milioni per tappezzare la Svizzera con manifesti per mettere in guardia dal pericolo di licenziamenti e la morte del modello svizzero provocati da un’approvazione dell’iniziativa. Per i fautori del No, la proposta approvata oggi doterà la Svizzera «del diritto degli azionisti più restrittivo al mondo». Ma questo ed altri argomenti non hanno fatto breccia. Tutti i 26 cantoni hanno approvato l’iniziativa: un’unanimità piuttosto rara nel Paese di 8 milioni di abitanti, dove convivono lingue e culture diverse. Un vero e proprio tsunami con punte del 77,1 % nel canton Giura e che ha superato la soglia del 70%, anche a Zurigo (70,2%), capitale economica della ricca Svizzera. Il testo approvato oggi - un articolo costituzionale che dovrà essere tradotto in legge - concerne solo «le società anonime svizzere quotate in borsa» e stabilisce che spetta all’assemblea generale degli azionisti fissare gli stipendi dei vertici aziendali. Inoltre alcune remunerazioni, per esempio i controversi «paracaduti d’oro», sono vietate. E l’infrazione di tali disposizioni è sanzionata con pene detentive e pecuniarie. L’accettazione dell’iniziativa è l’espressione di un «malessere diffuso» nella popolazione, ha riconosciuto stasera il governo svizzero, promettendo di mettersi subito all’opera per applicare il nuovo articolo costituzionale.
L’esecutivo aveva respinto l’iniziativa Minder e si era schierato a favore di una controproposta sullo stesso tema. Più moderata, sarebbe entrata automaticamente in vigore nel caso in cui il referendum fosse stato respinto. Ma gli svizzeri hanno preferito mandare un messaggio senza alcuna ambiguità. 

lunedì 7 gennaio 2013

Come salvare i nostri conti correnti dalle tassazioni di Monti

Ho trovato su liberoquotidiano.it una notizia molto interessante. Qui di seguito quanto citato.
Polizze, conti correnti, buoni fruttiferi, fondi di investimento, libretti postali. In attesa che nuove e più pesanti patrimoniali spuntino all’orizzonte, il 31 dicembre, con la chiusura delle rendicontazioni, la maggior parte degli italiani ha dovuto fare i conti con quella già varata dal governo Monti. E nel 2013, con l’incremento automatico di alcune aliquote sarà ancora peggio. L’intenzione dichiarata era quella di ridisegnare, ovviamente in maniera più equa, il sistema dell’imposta di bollo che gravava su alcune forme di risparmio. Il risultato è stato quello di tassare tutto il tassabile, con meccanismi di calcolo che rischiano in molti casi di rendere il conto più salato proprio per chi ha meno. Sfuggire, in maniera legale, ai nuovi balzelli sul risparmio introdotti dai professori è praticamente impossibile. Con un po’ di accorgimenti si può, però, almeno evitare di pagare più del dovuto.

Conti correnti - La norma apparentemente più semplice è quella che riguarda i conti correnti. Il Salva Italia ha introdotto un imposta di bollo fissa a 34,20 euro l’anno per tutti i rapporti finanziari, compresi i conti postali, e i libretti di risparmio sia bancari sia postali. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche la misura del tributo viene, invece, incrementata, fino a 100 euro. Il balzello viene pagato con scadenze che rispecchiano quelle dell’estratto conto, quindi trimestrali, semestrali o annuali. E qui iniziano le prime grane. La norma, infatti, prevede due esenzioni. Una per i redditi più bassi, ovvero per chi ha una certificazione Isee sotto i 7.500 euro (rientrano in questa categoria i cosiddetti conti correnti di base). L’altra per le giacenze inferiori a 5mila euro.


Giacenze e soglie - Il problema è che il calcolo della giacenza, non è annuale, ma è effettuato sulla base della periodicità dei rendiconti. Può quindi accadere che io abbia 10 euro sul conto per tre trimestri e poi 6mila solo nell’ultimo e che io debba quindi pagare la quota di 8,55 euro (34,20 diviso 4) relativa ai tre mesi, malgrado una giacenza media inferiore ai 5mila. Per lo stesso motivo è inutile togliere i soldi prima della rendicontazione, si pagherebbe, comunque proquota per tutti i periodi in cui la soglia è stata superata. Occhio, infine, ai giochini nello spacchettare le somme. La somma per l’esenzione si calcola su tutti i rapporti intestati alla stessa persona nella stessa banca. Per evitare il salasso bisognerà, dunque, o cambiare banca oppure distribuire la cifra su un conto magari cointestato.

Conti all’estero - Inutile cercare di fuggire all’estero. Il bollo va pagato anche sui rapporti finanziari aperti con banche non italiane, che devono comunicare, tranne ovviamente nei casi di istituti con sede in paradisi fiscali, allo stato di residenza del contraente, attraverso la Uif, unità di informazione finanziaria, tutti i dati relativi al conto corrente. In più, se la movimentazione di denaro supera i 10mila euro, dovrete anche la cifra nel quadro RW della dichiarazione dei redditi. Tenendo conto che la soglia si calcola sulla movimentazione e scatterebbe, dunque, anche con un versamento di 6mila euro e un prelievo di 5mila.

giovedì 21 giugno 2012

Riparti con Eni: in vacanza anche con la crisi, grazie ai maxi sconti sulla benzina

Grande successo dell'iniziativa "Riparti con Eni".
Fino al 2 settembre, durante il week end, sconto sul prezzo della benzina e del gasolio per tutti i consumatori che faranno rifornimento in modalità "iperself" dopo aver effettuato il pagamento mediante gli appositi accettatori di banconote e bancomat.
Si tratta di un'iniziativa unica - spiega Eni in una nota - che rappresenta un segnale forte di vicinanza ai cittadini, e in particolare alle famiglie italiane, da parte della prima azienda petrolifera del Paese. La riduzione del prezzo corrisponde indicativamente a uno sconto di circa 20 centesimi al litro rispetto al prezzo praticato in modalità servito, equivalente ad un risparmio di 10 euro su un pieno da 50 litri. Lo sconto per litro è pari a circa due volte lo sconto massimo finora praticato dalle stazioni no logo e dalla grande distribuzione. Lo sconto è disponibile su circa 3.000 stazioni Eni ed Agip, capillarmente diffuse in tutto il territorio italiano, dal sabato alle ore 13 alla mezzanotte della domenica, fino ad esaurimento delle scorte in ciascuna stazione aderente. Per limitare al massimo l'eventualità che gli impianti possano interrompere le vendite nel corso del week end a causa dell'esaurimento del prodotto, Eni in via eccezionale li rifornirà anche nel corso della giornata di domenica. Allo scopo di facilitare la comunicazione dell'offerta in maniera trasparente, ogni settimana Eni determinerà, in base all'andamento delle quotazioni Platts, due prezzi - uno per la benzina e l'altro per il gasolio - uguali su tutto il territorio nazionale durante gli orari della promozione e validi per le stazioni aderenti ad iperself. I listini dei prezzi continueranno ad essere diversificati per ogni stazione di servizio nel resto della settimana.
Nel corso dell'iniziativa, Eni venderà eccezionalmente al di sotto dei propri costi, investendo sul rapporto con i consumatori italiani, con l'obiettivo di fornire al Paese un contributo concreto per "ripartire insieme". Inoltre, sempre in occasione dei week end interessati da questa operazione, gli eni cafè rimarranno aperti sino alle ore 24 con un'offerta di qualità a prezzi speciali (colazione a 1,50 euro; pranzo a 5 euro) e promozioni anche su bibite e gelati da asporto. (AGI) .

venerdì 1 giugno 2012

Paolo Scaroni: Il caro-benzina dipende dal nostro stile di vita

Paolo Scaroni, l'amministratore delegato di Eni, in occasione del Day Rotary Patavini, sul tema "Energia e politiche dello sviluppo", ha lanciato una interessante provocazione: in un’epoca di consumi elevati come quella in cui stiamo vivendo, se il prezzo della benzina è così alto, dipende anche dal fatto che noi non riusciamo a farne a meno: consumiamo comunque così tanto che la benzina era e resta necessaria, quindi preziosa e costosa.
Paolo Scaroni
Paolo Scaroni
"Ci lamentiamo per l'eccessivo costo della benzina? - ha detto Paolo Scaroni - Se il prezzo è considerato elevato, la colpa va attribuita al nostro stile di vita. Non siamo disposti, infatti, a rinunciare a nulla: ciò significa che il petrolio non ha raggiunto ancora un costo tale da essere ritenuto insostenibile e da provocare, quindi, un mutamento del nostro modo di vivere". Paolo Scaroni ha aggiunto che la crisi dell’Iran pesa ai 15 ai 20 dollari al barile: “È vero che sul prezzo del greggio influiscono speculazione e rischi internazionali, ma è altrettanto vero che l'Occidente non fa nulla per ridurre i consumi. In 20 anni il costo del petrolio è cresciuto di dieci volte, eppure i consumi non sono calati”.

venerdì 15 ottobre 2010

Scandalo Inps: i precari saranno senza pensione pur pagando i contributi

La notizia, rimbalzata da diversi blog, è arrivata e conferma la peggiore delle ipotesi. Rimarrà sotto traccia per ovvi motivi, anche se in Rete possiamo farla circolare. Se siete precari sappiate che non riceverete la pensione. I contributi che state versando servono soltanto a pagare chi la pensione ce l'ha garantita. Perché l'Inps debba nascondere questa verità è evidente: per evitare la rivolta. Ad affermarlo non sono degli analisti rivoluzionari e di sinistra ma lo stesso presidente dell'istituto di previdenza, Antonio Mastropasqua che, come scrive Agoravox, ha finalmente risposto a chi gli chiedeva perché l'INPS non fornisce ai precari la simulazione della loro pensione futura come fa con gli altri lavoratori: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale".

Intrage scrive che l'annuncio è stato dato nel corso di un convegno: la notizia principale sarebbe dovuta essere quella che l'Inps invierà, la prossima settimana, circa 4 milioni di lettere ai parasubordinati, dopo quelle spedite a luglio ai lavoratori dipendenti, per spiegare come consultare on line la posizione previdenziale personale. Per verificare, cioè, i contributi che risultano versati.
La seconda notizia è che non sarà possibile, per il lavoratore parasubordinato, simulare sullo stesso sito quella che dovrebbe essere la sua pensione, come invece possono già fare i lavoratori dipendenti. Il motivo di questa differenza pare sia stato spiegato da Mastrapasqua proprio con quella battuta. Per dire, in altre parole, che se i vari collaboratori, consulenti, lavoratori a progetto, co.co.co., iscritti alla gestione separata Inps, cioè i parasubordinati, venissero a conoscenza della verità, potrebbero arrabbiarsi sul serio. E la verità è che col sistema contributivo, i trattamenti maturati da collaboratori e consulenti spesso non arrivano alla pensione minima.

I precari, i lavoratori parasubordinati come si chiamano per l'INPS gli "imprenditori di loro stessi" creati dalle politiche neoliberiste, non avranno la pensione. Pagano contributi inutilmente o meglio: li pagano perché l'INPS possa pagare la pensione a chi la maturerà. Per i parasubordinati la pensione non arriverà alla minima, nemmeno se il parasubordinato riuscirà, nella sua carriera lavorativa, a non perdere neppure un anno di contribuzione.

L'unico sistema che l'INPS ha trovato per affrontare l'amara verità, è stato quello di nascondere ai lavoratori che nel loro futuro la pensione non ci sarà, sperando che se ne accorgano il più tardi possibile e che facciano meno casino possibile.

Quindi paghiamo i nostri contributi che non rivedremo sotto forma di pensione. Se reagiamo adesso, forse, abbiamo ancora la speranza di una pensione minima.

(da contintasca.blogosfere.it)

giovedì 7 ottobre 2010

Risparmiare sulla bolletta in tempo di crisi - 10 consigli

In tempo di crisi, siamo tutti più attenti a risparmiare in casa.
Ecco dieci consigli per risparmiare sulla bolletta elettrica elaborati da Deval, la società per la distribuzione dell'energia elettrica in Val d'Aosta.

1. Televisore, videoregistratore, lettore dvd e computer
ricordati di spegnere gli apparecchi con il pulsante e non solo con il telecomando, gli apparecchi in stand-by continuano a consumare energia. Cerca di tenere acceso un solo apparecchio per tutta la famiglia.
2. Lampade ad alta efficienza energetica
Scegli lampade a basso consumo, soprattutto per gli ambienti in cui la luce rimane accesa più a lungo, permettono di ridurre il consumo di energia dell'80% rispetto alle lampade tradizionali ad incandescenza. Ricordati di spegnere la luce quando non serve.
3. Condizionatore
Accendi il condizionatore solo in caso di reale bisogno e regola il termostato su temperature non molto differenti da quella esterna.
4. Forno elettrico
Non aprire frequentemente il forno durante la cottura, preriscalda il forno solo quando necessario e spegnilo poco prima della fine della cottura per sfruttare il calore residuo
5. Forno a micro-onde
Il forno a microonde è più parco nei consumi di un forno tradizionale, in quanto sensibilmente più rapido nella cottura.
6. Frigorifero
Evita frequenti e inutili aperture dello sportello; posiziona l'apparecchio nel punto più fresco della cucina, lontano da fornelli, termosifoni e lascia almeno 10 cm di distanza dal muro per la ventilazione.
7. Lavastoviglie
Fai funzionare l'apparecchio a pieno carico, usa il meno possibile il ciclo intensivo, piuttosto rimuovi dalle stoviglie i residui più grossi che potrebbero intasare il filtro e diminuire l'efficiacia del lavaggio.
8. Asciugacapelli
Utilizza l'apparecchio a temperature medie, le alte temperature fanno aumentare i consumi e non fanno bene ai capelli.
9. Lavatrice
Utilizza l'apparecchio sempre a pieno carico e a temperature non troppo alte (30-60°C). Se si dispone di un modello con asciugatura automatica, cercare di usarlo solo quando non è possibile stendere il bucato.
10. Scaldabagno
non tenere acceso lo scaldabagno quando non ne hai bisogno, puoi installare un timer per metterlo in funzione tre ore prima dell'utilizzo.

(da sviluppo-sostenibile-italiano.blogspot.com, Dieci modi per risparmiare energia in casa)

martedì 5 ottobre 2010

Agevolazioni del 55%? Molto più utili di altri benefici

Il Governo e gli strumenti a disposizione delle imprese per superare la crisi”. Questo il titolo dell’intervento dell’on. Luigi Casero, sottosegretario all’Economia e Finanze, all’Assemblea generale di Uncsaal tenutasi sabato 2 ottobre 2010 all’Auditorium Giò Ponti di Assolombarda. Si è trattato di un intervento ad ampio respiro sui problemi di rilancio dell’economia e delle imprese e il loro (tormentato) rapporto con gli incentivi di vario genere e, più in generale, con la fiscalità. Evidentemente l’attesa era tutta per quanto Casero avrebbe dichiarato sulla proroga dei benefici fiscali del 55% oltre il 2010. E l’attesa non è stata vana [...]
In sostanza, il 55% si può prorogare. [...] Anche perché il 55%, e questo il sottosegretario l’ha dichiarato pubblicamente, la misura dei benefici fiscali per il risparmio energetico è stata utile, “molto più utile di altri benefici fiscali”.

(da Luigi Vianello, "Luigi Casero: Il 55%? Si può prorogare")

Ecco il testo dell'intervento di Casero:
“E’ possibile prorogare la detrazione fiscale del 55% per gli interventi di risparmio energetico oltre il 2010. Sicuramente questa misura è servita al settore dell’edilizia e allo sviluppo complessivo del Paese. E’ servita come recupero di gettito più di altri benefici fiscali. Comunque sia, lo strumento si è dimostrato utile e può essere messo in campo nell’ambito di un progetto complessivo di salvaguardia dei conti pubblici. Da questo punto di vista le associazioni del mondo dell’edilizia devono prendere atto che alcuni incentivi (non fiscali), quelli a pioggia in particolare, alcuni incentivi sull’occupazione in alcune parti del Paese e in alcuni settori, si sono rivelati inutili o si sono prestati a truffe. E qui Confindustria deve prendere una posizione chiara e rinunciare ad alcuni incentivi a pioggia per cercare di destinare quei fondi a riduzioni fiscali mirate in alcuni settori che possono portare allo sviluppo dei settori e del Paese.
Quindi, si tratta di ridurre i contributi dati a fondo perduto a imprese che spesso non crescono e invece occorre destinare questi fondi che sono consistenti a una riduzione fiscale per le detrazioni per le imprese che reinvestono gli utili o per le manovre sul 55% o altre manovre che servono a rilanciare le imprese. Bene, quindi, - rivolto a Uncsaal, ndr - la vostra pressione esercitata in questi mesi sul Governo ma sarebbe bene farla anche nei riguardi delle associazioni di settore perché anche lì si gioca una partita importante facendo ben capire che questi incentivi servono non solo alla salvaguardia del singolo settore ma alla salvaguardia del sistema economico del Paese. Ed è quello che cercheremo di fare noi nei prossimi mesi e che cercheremo di portare a casa per dare una risposta a chi ce la chiede, a chi come voi lavora sul campo per riuscire a fare crescere questo Paese”

lunedì 24 maggio 2010

Cesare Geronzi: Generali ha quintuplicato l’utile grazie a innovazione e competitività

Generali, con il suo nuovo board guidato da Cesare Geronzi, non soffre la crisi e archivia il primo trimestre dell'anno con un utile cinque volte superiore a quello dello stesso periodo del 2009.

L'utile netto dei primi tre mesi è infatti salito a 527 milioni di euro rispetto ai 104 milioni del primo trimestre dello scorso anno e soprattutto a fronte delle aspettative di mercato che indicavano 477 milioni.

Cesare Geronzi ha evidenziato «la capacità d'innovazione e la competitività del Gruppo che ha dimostrato di essere in grado di migliorare la redditività e di corrispondere alle aspettative di una clientela diversificata». E questo grazie alla strategia di «sviluppare la linea tradizionale di tutela del risparmio per rispondere alla crescente concorrenza a livello internazionale».

Nella nuova era di Generali, ha detto ancora Cesare Geronzi, ci sarà «un'ulteriore crescita, un forte radicamento in Italia».

mercoledì 11 novembre 2009

La crisi porta insegnamenti per i risparmiatori

La crisi economica "porta importanti insegnamenti anche per i risparmiatori: infatti, non ci sono scorciatoie sicure per l’arricchimento; e gli alti rendimenti degli investimenti sono di norma connessi a rischi altrettanto elevati”.
È questa l’opinione di Giuseppe Guzzetti, Presidente dell’Acri, l’associazione delle Casse di Risparmio Spa e delle Fondazioni di origine bancaria, che continua: “Prima di compiere un investimento finanziario occorre che il risparmiatore sviluppi gli approfondimenti necessari a un’adeguata comprensione dei rischi; in caso contrario è meglio che si orienti su prodotti più semplici. La cultura del risparmio e quella finanziaria devono, perciò, crescere ampiamente per iniziativa sia delle banche e degli altri organismi economici e finanziari, sia dei risparmiatori stessi, ma anche dello Stato e delle istituzioni in genere”.

lunedì 9 novembre 2009

Crisi: servono provvedimenti strutturali

Giuseppe Guzzetti, Presidente dell’Acri, l’associazione delle Casse di Risparmio Spa e delle Fondazioni di origine bancaria, dice la sua sulla crisi e sulle strategie per uscirne definitivamente:
“La crisi economico-finanziaria nella quale siamo ancora immersi ha radici profonde. Gli sforzi di questi mesi sono riusciti ad alleviarne per quanto possibile le conseguenze più immediate. Più modesto, invece, è il consuntivo per quanto riguarda la messa a punto di regole e provvedimenti volti a correggere i fattori strutturali che sono all’origine di questa crisi… Riguardo a ciò a me sembra che da parte di alcuni paesi e di alcune categorie di operatori non ci sia la giusta volontà di arrivare a risultati importanti; mi pare ci sia una certa indisponibilità a mettersi in discussione, l’indisponibilità a misurare quanto i comportamenti pre-crisi siano stati lontani dai fondamenti tanto dell’economia quanto dell’etica".

giovedì 5 novembre 2009

Giornata Mondiale del Risparmio 2009

Si è tenuta giovedì scorso l’85ª Giornata Mondiale del Risparmio.
Titolo dell'edizione di quest’anno è “Risparmio ed economia reale: la fiducia riparte dai territori”. Alla manifestazione sono intervenuti: Giulio Tremonti, ministro dell’Economia e delle Finanze; Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia; Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri; Corrado Faissola, presidente dell’Abi.
“Questa Giornata Mondiale del Risparmio – ha commentato Guzzetti - si pone nella fase finale di un periodo molto difficile. La speranza comune è che il fondo sia stato toccato e che una ripresa non sia ormai lontana. L’andamento di alcuni indici economici legittima qualche speranza. Ci aspetta comunque un futuro impegnativo: si dovrà drenare l’imponente liquidità monetaria immessa nel sistema in questi mesi, ridimensionare i disavanzi pubblici, avviare un’ampia riforma del sistema finanziario internazionale capace di sanare i molti punti di debolezza messi in evidenza dalla crisi recente. Tutto questo senza far mancare un adeguato sostegno all’attesa ripresa economica”.

giovedì 24 settembre 2009

Mediobanca: niente dividendo cash per il gruppo di Cesare Geronzi

Politica di risparmio per Mediobanca. Il prossimo dividendo che sarà retrocesso agli azionisti non sarà infatti in contanti, bensì in azioni, pari a un titolo Mediobanca ogni venti titoliposseduti.
Ricordo che il progetto di bilancio 2009 al 30 giugno della società di Cesare Geronzi, approvato dal CdA, ha registrato un utile netto in flessione di appena due milioni di euro (rispetto ai 1.013 milioni dell'esercizio precedente).

Inoltre, nell’ambito di un’operazione di rafforzamento patrimoniale, prima dell’assegnazione del dividendo in azioni sarà assegnato agli azionisti un warrant per ogni azione posseduta. In questo modo, per ogni sette warrant posseduti, i titolari avranno il diritto a sottoscrivere un’azione Mediobanca al prezzo di euro nove nel periodo dall’1 gennaio 2010 e fino al 18 marzo del 2011.
In caso di esercizio integrale dei warrant assegnati gratuitamente agli azionisti, il rafforzamento patrimoniale per il gruppo guidato da Cesare Geronzi sarebbe così pari a circa un miliardo di euro.

mercoledì 2 settembre 2009

Indagine Mediobanca: i fondi d’investimento secondo la banca di Cesare Geronzi

Mediobanca, la banca d’affari del gruppo di Cesare Geronzi, pubblica ogni anno una “Indagine sui fondi e Sicav italiani”.
L’edizione del 2009, la diciottesima uscita, traccia un quadro impietoso della situazione per l’industria del risparmio gestito, già provata dalle disastrose performance dell’anno di crisi precedente, «nel corso del quale i fondi di tutto il mondo hanno subito cospicui ridimensionamenti. Nel 2008 hanno registrato perdite pari a 1.200 miliardi di euro in Europa e a 3.000 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Il rosso dei fondi italiani è stato pari a 24 miliardi di
euro che, sommati al volume dei riscatti, ha determinato una flessione record del patrimonio pari a 91 miliardi di euro».
«Per i fondi Italiani -, spiega l’indagine - si tratta di una conferma della dinamica fortemente regressiva in atto fin dal 2000. Nel complesso, il patrimonio a fine 2008 risulta quasi dimezzato rispetto alla consistenza che aveva nel 1999. Nello stesso periodo il ridimensionamento dei fondi azionari è stato pari all’85%».

martedì 23 giugno 2009

Cesare Geronzi: la crisi e il sistema finanziario

Cesare Geronzi risponde così all'interrogativo "Quali responsabilita' ha il sistema finanziario nei confronti del rallentamento che ha investito il sistema economico italiano nell’ultimo decennio?":

"Il sistema finanziario italiano, a partire dal 1993, ha registrato progressi decisivi che hanno riguardato gli ordinamenti, i controlli, la corporate governante, gli assetti competitivi. I singoli operatori (e segnatamente le banche) hanno mostrato una capacita' di reazione da molti sottovalutata, cogliendo opportunità e sollecitazioni per raggiungere livelli di efficienza e di performance ormai allineati a quelli delle altre banche europee."

"Progressi sul piano dell’efficienza e dell'efficacia dell'offerta produttiva sono ancora possibili e necessari. - continua Cesare Geronzi - Talune componenti importanti dei ricavi da servizi (quelli del risparmio gestito) che hanno compensato la strutturale correzione del margine di interesse, hanno potuto giovarsi di un ciclo internazionale e di condizioni interne eccezionalmente favorevoli."

"Si tratta ora - conclude Cesare Geronzi - di consolidare queste fonti di ricavo in un contesto competitivo piu' problematico. Sara' necessario diversificare l'offerta di servizi nelle aree della finanza innovativa per le imprese, recuperando i ritardi accumulati rispetto alla concorrenza estera, soprattutto in termini di professionalità delle risorse coinvolte. Sara' necessario insistere nelle esperienze della banca telematica e delle attività connesse che oggi moltiplicano le dimensioni e le prospettive della tradizionale attivita' del credito. Permangono ampie opportunita' di riutilizzo delle potenzialita' della information technology nella riconfigurazione dei sistemi organizzativi delle banche, segnatamente nelle fasi del monitoraggio dei processi, dei controlli e della formazione interna."

(da Cesare Geronzi, “Sistemi Bancari e finanziari Internazionali: Evoluzione e Stabilità”:)