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sabato 29 settembre 2012

Master Paradis: un romanzo di spionaggio sulla crisi finanziaria

Il libro “Master Paradise”, romanzo d’esordio di Salvatore Fugali, LVD editore, 2012, è una Spy story che si colloca sullo sfondo della recente crisi economica internazionale.

“Master Paradise” racconta, tra autobiografia e finzione letteraria, la vicenda di un hacker che decide di ribellarsi alle lobby economiche e finanziarie che reggono in maniera occulta le sorti dell’umanità. Con l’aiuto di una spia russa, il protagonista sferra un attacco informatico ai server delle maggiori banche d’affari americane, provocando ammanchi miliardari e fallimenti a catena. “Master Paradise” è appunto il nome del virus creato dal pirata informatico per raggiungere i propri scopi. Il romanzo, ambientato nei nostri giorni, lancia un’ipotesi inquietante sulle origini della crisi finanziaria scoppiata negli Stati Uniti nel 2007 e diffusasi poi anche in Europa.

venerdì 31 agosto 2012

La crisi? Uno studio dà la colpa alla Cina

"Non c'entrano i mutui subprime e nemmeno Lehman Brothers. La crisi finanziaria che in quattro anni è dilagata in tutto il mondo fino a colpire pesantemente l'Europa avrebbe avuto la sua origine in Cina.
E' il risultato a cui è giunto un nuovo studio pubblicato dall'Erasmus Research Institute of Management e condotto da Heleen Mees.

Dalla Cina sarebbe infatti partito il fiume di denaro facile che avrebbe poi inondato il mercato immobiliare Usa creando la bolla collassata sul finire del 2007, mentre i derivati sul credito come CDO e MBS sarebbero stati sottoscritti solo su meno del 5% dei nuovi mutui stipulati tra il 2000 e il 2006: troppo poco per provocare il terremoto a cui l'economia mondiale è andata incontro.

Ripercorriamo allora la catena di eventi che secondo la ricostruzione della Mees avrebbe condotto al crack della finanza globale.

Per farlo occorre tornare al 2003-2004, quando la politica monetaria lassista della Federal Reserve aveva portato a un vertiginoso aumento della spesa da parte degli americani. Spesa che prendeva la strada della Cina dato che dall'ex Celeste Impero proveniva buona parte dei beni più apprezzati dai consumatori a stelle e strisce. Oltremuraglia le spese degli americani assumevano la forma di risparmi cinesi, tanto che in quegli anni – ha ricostruito lo studio – il risparmio in Cina era pari a oltre la metà del Pil. Questi soldi però, lungi dal fermarsi a Pechino o Shanghai, riprendevano la via di Wall Street, o meglio del reddito fisso dello Zio Sam, abbassando i tassi di rendimento dei titoli di Washington e a livello mondiale già a partire dal 2004.

Con i tassi d'interesse a livelli depressi, ossia con il denaro a basso costo, il passo successivo non poteva che essere il boom del mercato immobiliare Usa. Una successione di eventi alla quale quello che oggi è il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, aveva nel frattempo fornito il necessario supporto accademico – spiega ancora lo studio – attraverso una ormai nota dissertazione sui benefici degli interventi su larga scala da parte delle banche centrali." (Finanza.com)

giovedì 11 novembre 2010

Google aumenta i salari contro la fuga dei talenti

Una volta tanto, in questi tempi di crisi, una notizia di salari aumentati: secondo Repubblica, Google avrebbe concesso un 10 % in più in busta paga ai suoi 23.000 dipendenti per impedire campagne acquisti tra i suoi talenti da parte dei concorrenti.

Google concede un aumento del 10% del salario ai propri 23.000 dipendenti nel tentativo di evitare una loro fuga verso altre società. Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali l'aumento sarà effettivo da gennaio. L'aumento, reso noto dall'amministratore delegato Eric Schimdt in una lettera ai dipendenti, arriva mentre si inasprisce la battaglia fra Google e i maggiori competitor, soprattutto Facebook, per assicurare che i talenti della società restino.
"Vogliamo esseri sicuri che vi sentiate ricompensati per il duro lavoro. Vogliamo continuare ad attirare la gente migliore in Google" osserva Schimdt nel messaggio ai dipendenti, nel quale spiega che una recente indagine interna evidenzia come per i dipendenti Google il salario sia la componente più importante della retribuzione. Google - secondo indiscrezioni - avrebbe anche iniziato a testare una formula matematica per prevedere quali dipendenti più probabilmente lasceranno la società.
Colin Gillis, analista di BGC Partners, ritiene che l'aumento dei salari avarà un chiaro impatto sui margini di profitto e dimostra quanto sia importante mantenere il proprio staff.

(da Francesco Perilli, "Google aumenta gli stipendi per arginare la fuga verso Facebook")

lunedì 18 ottobre 2010

La crisi finanziaria spiegata ai bambini

Supponiamo che io abbia in tasca un sacchetto di caramelle (il valore "reale" dell' economia), e ne voglia avere il più possibile perchè per definizione sono "egoista".

Allora io, che sono soggetto "A", "presto" la quantità di moneta corrispondente al valore di mercato del mio sacchetto di caramelle al soggetto "B", perchè questo mi promette sia il rimborso del capitale, sia il pagamento di una quantità di moneta come interesse sul prestito.

Pertanto io (soggetto "A"), resto con le mie caramelle, e "in più", con un foglio di carta in cui è scritta la "promessa" che il debitore (soggetto "B"), in futuro mi restituirà il valore che gli ho prestato maggiorato degli interessi.

Siccome sono molto egoista e voglio guadagnare "di più", allora suddivido il mio credito (ossia il valore di tutte le caramelle che il debitore sarà "costretto" a procurarsi e rivendere sul mercato al fine di rimborsare il suo debito nei miei confronti), in dieci obbligazioni di valore uguale, e lo "rivendo" sul mercato che, in cambio, mi restituisce "subito" la quantità di moneta che ho prestato al soggetto "B", corrispondente al valore di mercato del sacchetto di caramelle che avevo all' inizio.

Pertanto io (soggetto "A"), senza aspettare la scadenza concordata con il soggetto "B", ho la possibilità di "prestare" il valore di mercato dell' unico sacchetto di caramelle che ho in tasca "di nuovo"!

E' evidente che, in questa situazione di continua "creazione" di valore "promesso" dai debitori, le banche centrali di emissione dovranno stampare sempre più "moneta" da "pompare" nel sistema (ossia "fotografie" che rappresentano il valore attribuito al sacchetto di caramelle che avevo all' inizio incrementato da tutto il valore "promesso" dai debitori, i quali "si suppone" creeranno nuove "caramelle" che, nel momento in cui saranno vendute e comprate, contribuiranno alla crescita del PIL- ossia il Prodotto Interno Lordo).

La creazione continua di nuova "moneta" da parte delle banche centrali, è necessaria per alimentare questo "meccanismo"; ossia per permettere a "tutti" gli operatori del mercato di continuare a comprare e vendere sia il mio sacchetto di caramelle, sia gli "altri" sacchetti di caramelle che si dovranno "inventare" necessariamente per pagare i capitali dati in prestito e gli interessi concordati.

E' in questo modo che il sistema capitalista si è sviluppato fino ad oggi, ed intende continuare a crescere in futuro!

Nel "gioco" tutti ci guadagneranno, fino a che io, soggetto "A", (che resto una persona incredibilmente egoista), non riuscirò più a "piazzare" l' ultimo pezzo di carta (l' ultima obbligazione), perchè l' ultimo mio creditore dubiterà che io avrò caramelle sufficienti da garantirgli la restituzione della moneta che sto chiedendo in prestito; ma proprio "quella" moneta mi è necessaria per pagare, a mia volta, tutta la moneta che mi hanno prestato, al fine di "creare" il valore che ho "prestato" ai miei debitori, e che "spero" mi verrà restituito alla scadenza con gli interessi.

Pertanto, a "quel" punto, alle scadenze prossime dei "miei" debiti, io non avrò la quantità di moneta sufficiente per pagarli, e tutto il castello di "fiducia" che sostiene i mercati finanziari a "quel" punto crollerà, fino a che si riuscirà a capire "di nuovo" quale sia il valore "reale" dei sacchetti di caramelle che "effettivamente" sussistono nel mercato.

(interessante intervento di Antonio Azzaretto sul forum Propit)

giovedì 17 giugno 2010

La crisi è un'opportunità?

La crisi è un'opportunità. E' la teoria di Bob Thurman, saggista di grande successo, considerato dalla rivista “Time” uno tra i dieci americani più influenti.

Secondo Thurman “è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita “perché prevaleva l’egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D’altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l’informazione».
Questa crisi è un’opportunità “perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c’è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un’economia guidata dall’avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c’è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell’uomo».
Thurman ricorda che “dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All’indomani dell’undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano“, li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive.

(da http://sviluppo-sostenibile-italiano.blogspot.com/2009/04/dallintervista-per-il-giornale.html)

venerdì 9 ottobre 2009

Ripresa o non ripresa?

"Un anno fa, l'economia mondiale precipitava in una recessione profonda. Oggi, fortunatamente, assistiamo a una stabilizzazione finanziaria e a una ripresa economica. Ma non dobbiamo dichiarare vittoria. Il mondo potrebbe ancora commettere due errori: il primo è ritirare troppo presto le misure di stimolo; il secondo è perdere l'opportunità per fare le riforme. Sono due pericoli da evitare. [...] E dunque: a che punto siamo e in che direzione dobbiamo andare? Possiamo ricondurre la questione a "cinque R": rescue, recovery, rebalancing, regulation, reform (rifugio, ripresa, riequilibrio, regolamentazione e riforme). Il salvataggio è stato senza precedenti per proporzioni ed estensione. Non poteva essere altrimenti: l'economia mondiale era sull'orlo del baratro. All'inizio del 2009, il calo annualizzato della media mobile trimestrale della produzione industriale mondiale ha raggiunto il 25%. Il calo degli scambi globale è stato ancora più drastico."
(Martin Wolf - Il Sole 24 Ore)

lunedì 14 settembre 2009

Banche USA: altri tre fallimenti

A fine agosto sono fallite altre tre banche USA: Affinity Bank di Ventura in California, Bradford Bank di Baltimora nel Maryland e Mainstreet Bank nel Minnesota.
Riporta la notizia il blog Fusionibancarie, che commenta:
“Salgono così a 84 gli istituti bancari Usa falliti e amministrati dallo Stato federale quest’anno a causa della crisi.
Quali saranno le ripercussioni in Europa e in Italia?
Le banche europee e le singole nazioni come Germania e Spagna stanno già studiando piani d'emergenza e denunciando pericolose bolle finanziarie...”
(http://fusionibancarie.blogspot.com/2009/09/banche-usa-ancora-fallimenti.html)

venerdì 4 settembre 2009

Contro la crisi, dialogo e riforme

Mercoledì sera si è tenuto a Brescia un incontro dedicato a crisi, lavoro e imprese.
Relatori Marco Fenaroli, segretario generale Cgil, Gianfranco Dallera, presidente Aib, e Adriano Paroli, sindaco della città.
Tra le necessità emerse, il bisogno di dialogo tra le parti e di cambiare alcune leggi che zavorrano le realtà virtuose, quelle che riescono a contrastare con la forza delle idee e dell’innovazione la congiuntura sfavorevole.

Secondo Fenaroli, "bisogna ritarare il numero di cittadini che hanno perso o che rischiano di perdere il lavoro. Servono, poi, i fondi per altri due anni di cassa integrazione. Il governo deve riuscire a trovare la copertura finanziaria, altrimenti sarà una tragedia sociale”.

Per Dallera il sistema deve invece diventare più meritocratico, anche per quanto riguarda la contrattazione salariale: "Dobbiamo portare la negoziazione dove viene prodotta la ricchezza, è l'unico modo per andare avanti. La cosa che mi preoccupa di più, comunque, è che si proceda senza prendere decisioni per paura di sbagliare.

Tutti e tre gli interlocutori, hanno contestato aspramente il sistema bancario italiano che, "invece di aiutare le imprese si è chiuso a riccio" (Dallera), che "ha causato la crisi ma che mette ancora in giro titoli spazzatura" (Fenaroli), e che "invece che aiutare le giovani coppie sulla prima casa mette una serie di paletti e sembra che punti a fare l’utile alzando il costo dei conti corrente" (Paroli).

mercoledì 2 settembre 2009

Obama: Ben Bernanke ha allontanato l'economia dall'orlo della depressione

"Sarà confermato Ben Bernake, per il secondo mandato consecutivo, alla guida della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti. Secondo quanto riferito dal capo dello staff della Casa Bianca, Rahm Emanuel, il presidente Obama ha voluto così riconoscere al governatore di origine repubblicana il merito di aver ''allontanato l'economia dall'orlo della depressione''. La nomina dovrà essere approvata dal Senato, dove i democratici mantengono una discreta maggioranza, e in caso positivo l'incarico avrà durata fino al 2014. "La riconferma di Ben Bernanke probabilmente è la scelta giusta", ha affermato il presidente della commissione bancaria del Senato, Christopher Dood, nonostante Bernanke, a suo avviso, "si è dimostrato lento nell'agire durante le fasi iniziali della crisi, ma poi ha dimostrato una leadership efficace". Stando a quanto scrive il New York Times, Obama avrebbe preso la decisione già quattro o cinque settimane fa il professore di Princeton e di averne parlato personalmente con lui nei giorni scorsi, in un incontro nello Studio Ovale. Sempre secondo il prestigioso quotidiano americano il presidente Usa non avrebbe offerto l'incarico a nessun altro."
(Newsitaliapress)

martedì 25 agosto 2009

I mercati temono la bolla della Cina

“L’Asia scivola e l’Europa la segue”, titola La Stampa.
“A spingere le borse di mezzo mondo verso il basso è il Pil giapponese che, per la prima volta in cinque trimestri, mostra segnali di crescita ma sotto le attese degli analisti. A preoccupare il mercato anche il crollo degli investimenti esteri in Cina che a luglio sono scivolati a -35,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.”
Secondo il quotidiano, sui pessimi andamenti di Borsa “pesano soprattutto i timori degli investitori che a Pechino, nella fase di recupero dei mesi scorsi ci si sia spinti troppo, e che nell’azionario cinese si sia creata una bolla. La seduta dei listini del Vecchio continente si traduce così in 85 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati con l’indice paneuropeo Dj Stoxx 600 che lascia sul terreno l’1,98 per cento. In forte calo anche Wall Street che perde infatti quasi due punti percentuali e il Nasdaq due punti e mezzo. A trascinare gli indici statunitensi al ribasso il calo dei prezzi del petrolio, delle materie prime e i dati sul pil giapponese che è cresciuto meno del previsto alimentando dubbi sulla velocità della ripresa economica mondiale.”

lunedì 24 agosto 2009

Strauss-Kahn: non è certa la ripresa per il prossimo anno

Al termine di un incontro presso il Parlamanto francese, Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fondo monetario internazionale, ha dichiarato che non si può dare per certa la ripresa dell’economia mondiale nel 2010 e la priorità resta quella emergere dalla crisi. Strauss-Kahn ritiene valido il dibattito sul ruolo delle riserve valutarie mondiali e l’idea ventilata dalla Cina di un sistema valutario diversificato.

venerdì 21 agosto 2009

Borsa: segno più per i futures statunitensi

L'andamento positivo dei futures sugli indici di Wall Street lascia pensare a un'apertura al rialzo per la borsa statunitense.
Si attente il simposio economico della Federal Reserve Bank di Kansas City, quando Ben Bernanke, Presidente della Federal Reserve, terrà un discorso sulla crisi finanziaria e sugli interventi a sostegno della ripresa economica.
Sul versante macroeconomico c'è invece attesa per i dati sulle vendite di case esistenti, che saranno resi noti alle 16:00 ora italiana.
Il contratto sul Nadsdaq segna un rialzo dello 0,45 % e il future sull'S&P 500 avanza dello 0,66 %.

martedì 18 agosto 2009

Disoccupazione senza ripresa

“Negli Usa a giugno 247 mila persone hanno perso il lavoro ma i mercati hanno esultato perché il calo è stato minore del previsto, sebbene le perdite di maggio fossero state molto superiori alle aspettative. Il fattore che ha abbassato la disoccupazione statunitense dal 9,5% al 9,4% è dato dall'abbandono della ricerca attiva di lavoro da parte di 440 mila persone. Queste sono i disoccupati scoraggiati che - avendo perso ogni speranza nel trovare lavoro - escono dalle statitische riducendo paradossalmente la disoccupazione. Dal crollo della produzione industriale e del pil in Italia, alle perdite occupazionali americane, i dati positivi sono virtualmente inesistenti. Quelli negativi invece si accumulano: giorni fa è arrivata la notizia che (anche) in Giappone i salari sono calati, del 7%. Come può riprendere l'attività se la massa dei consumatori, i salariati appunto, subisce tali decurtazioni nel reddito? Ovviamente dopo circa due anni di cali ininterrotti si raggiunge il punto del cosiddetto bottoming out, ove ulteriori cadute sono meno drastiche. Successe così negli anni anni Trenta ma negli Usa la ripresa non venne, semmai vi furono delle oscillazioni, assai marcate, intorno al livello zero di crescita. Oggi proprio grazie all'esistenza di spese incomprimibili come le erogazioni delle pensioni e la più alta percentuale di impiegati pubblici – voci che per anni si è tentato di schiacciare, per fortuna senza molto successo – forse il pavimento non dovrà sprofondare ai livelli degli anni Trenta. Ma da qui a dire che c'è la ripresa è puro falso ideologico.”
(Joseph Halevi, Il Manifesto)

giovedì 30 luglio 2009

Microsoft: anche il colosso del Software in crisi

Secondo quanto leggo su La Repubblica, Microsoft avrebbe annunciato il primo calo delle vendite di tutti i tempi. Le vendite del quarto trimestre fiscale scendono del 17%, più delle attese e le attività del gruppo continuano a risentire dell'indebolimento del mercato informatico e non si riprenderanno velocemente. Dopo la diffusione dei dati, i peggiori da 23 anni, il titolo è crollato dell'8%. I profitti netti scendono del 29% a 3,045 miliardi di dollari (34 cent ad azione), contro i 4,297 miliardi di dollari di un anno fa. L'utile con l'esclusione degli oneri straordinari si attesta a 36 cent, in linea con le attese. Il fatturato cala del 17% a 13,1 miliardi dollari, meno degli attesi 14.8 miliardi di dollari. Il responsabile finanziario Christopher Liddell commenta: "Prevediamo che anche quest'anno la situazione sarà difficile. Le cose non stanno migliorando".

martedì 21 luglio 2009

Come le banche italiane si sono protette dalla crisi

Come mai, a differenza di altri paesi, in Italia nessuna banca è fallita o è stata nazionalizzata?

Le banche americane, come già scritto,sono andate in crisi a causa dei mutui subprime e dei conseguenti investimenti in titoli tossici.

In Italia, negli ultimi anni, ci sono state diverse fusioni, aggregazioni e cambi al vertice. Le banche non si sono interessate alle proposte provenienti oltre oceano, anche perché deluse da passati investimerni sul mercato americano.
Di fatto, questi mancati investimenti hanno protetto il capitale, perché, non avendo clienti americani, le banche italiane si sono dovute confrontare solo con la concorrenza europea e non hanno sentito la necessità di proporre alti tassi di investimento.

mercoledì 8 luglio 2009

Finirà la "grande recessione"?

"Nei paesi anglosassoni questa difficile crisi viene definita con il termine «grande recessione», parafrasando la «grande depressione» del ’29. Dico ciò per precisare che il cammino per uscirne è e sarà ancora lungo. Oggi gli economisti convergono sul fatto che si sia toccato il fondo. Il Centro Studi della Confindustria afferma che si vedono «germogli di ripresa», ma occorrerà tempo, probabilmente 2/3 anni per ritornare ai livelli di produzione del 2007.
Comunque io sono ottimista e sono convinto che da questa crisi il mondo ne uscirà modificato e sarà un mondo migliore, più attento alle cose concrete ed all’economia reale, più che all’illusione della finanza." (Daniele Pezzoni, presidente UPI, Unione Parmense degli Industriali)

venerdì 26 giugno 2009

Gli USA, la crisi e il settore dell’auto

"Obama ha bellamente calpestato i diritti dei creditori privati e dei fondi di Chrysler obbligando quasi manu militari a cedere il marchio a Fiat. [...] Giova ricordare, ora che i giornali festeggiando trionfante Marchionne come nuovo ad dell'ex colosso di Detroit, i due punti interrogativi che restano inevasi.
Primo, con gli anni il gigante di Detroit aveva praticamente smesso di preoccuparsi di produrre automobili perché si era trasformato nel più grande detentore di obbligazioni come fondo pensione e sanitario, qualcosa come 200 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno: insomma, porta sempre aperta per le esorbitanti richieste salariali dei sindacati, produzione desueta e scadente ma leva di leverage sul mercato health&pension da banca d’affari. Bush prima e Obama poi hanno provato a tamponare ma ora la procedura fallimentare dettata dal chapter 11 brucerà quei fondi dei contribuenti, i quali si trasformeranno in creditori qualsiasi da aggiungersi alla fila: chi dovrà rispondere alle lamentele di quella fila una volta compiuta la fusione, secondo voi? Obama non potrà sempre dettare le sentenze ai propri tribunali e continuare a scontentare - o derubare, forse è il termine migliore - creditori e fondi.
Secondo: dall’operazione Fiat acquisirà la rete di distributori di Chrysler per entrare nel mercato americano. Bugia, almeno in parte e questo spiegherebbe l’immediato attivismo tedesco di Marchionne che fiutata la fregatura targata Obama stava cercando l’opzione aggregative Opel sperando nei fondi statali tedeschi. Soltanto nel mese di aprile sono stati chiusi quarantacinque concessionari Chrysler e nelle prossime settimane questo numero è destinato a salire esponenzialmente per un semplice dettaglio che nessuno sembra aver notato: l’essere terminata in amministrazione controllata sotto il chapter 11 consente a Chrysler, in virtù dell’obbligo di riduzione di costi e spese, di tagliare a dismisura tra i concessionari senza incorrere nella legge Usa sulla franchigia.
Dicevamo in maggio che in totale l’azienda ha 3150 dealers ma ne metterà sul mercato, entro pochi mesi, fino a 1500. Ci sbagliavano noi questa volta, saranno oltre 1800. Questo significa meno presenza sul territorio, vendita a prezzo di saldo per necessità di liquidi e quindi l’assalto dei concorrenti pronti a cannibalizzare e ulteriore disaffezione visto che in un regime di libera offerta se il concessionario della mia auto era a quindici minuti e ora, in virtù delle chiusure, il più vicino è a quarantacinque minuti quando non un’ora, cambio modello e punto oltre che sulla qualità e la convenienza anche sulla capillarità del servizio di assistenza. D'altronde Obama ha
giustamente altro a cui pensare.
Il fatto che nel giorno in cui dieci banche si sono dichiarate pronte a ripagare quanto ottenuto attraverso il programma Tarp il Dow Jones abbia chiuso in negativo martedì sera e aperto in positivo dello 0,2% ieri la dice lunga su quanto il mercato si fidi del reale stato di salute di quegli istituti e della reale serietà degli stress test messi in atto: lo ripetiamo, il 99% delle banche americane è insolvente."

(Mauro Bottarelli su Il sussidiario)

lunedì 22 giugno 2009

È crisi anche per i social network

Anche i social network sono colpiti dalla crisi.
Forse anche a causa della concorrenza di Facebook, MySpace ha perso molti utenti.
Fatto sta che la News Corporation, la società controllata da Rupert Murdoch che nel 2005 aveva acquistato il sito per 580 milioni di dollari, ha annunciato il licenziamento di ben 425 dipendenti.
La manovra lascerà il sito di social networking con uno staff di circa mille personenegli Usa (quelli di Facebook, secondo quanto riferito dalla compagnia, sono 850 in tutto il mondo). Non si sa ancora se i tagli di Myspace riguarderanno anche le operazioni internazionali, nelle quali la compagnia ha fortemente investito negli ultimi anni.

venerdì 19 giugno 2009

Si scommette sul crollo dei mercati

Un grande investitore anonimo avrebbe comprato per 850 mila dollari ben 20 mila opzioni call luglio del Vix, l'indice che determina la volatilità dei mercati, scommetendo che questa salirà e raggiungerà in meno di un mese quota 45,42 dall'attuale quota 30.

Quando si dice scommettere sul crollo dei mercati...

mercoledì 17 giugno 2009

Le Borse mondiali maledicono i mutui subprime

La crisi dei mutui subprime ha coinvolto in maniera massiccia tutti i mercati finanziari e l'uso massiccio di questo genere di mutui è stato al causa scatenante dell'attuale crisi finanziaria globale.
Il sito finanzautile.org spiega la questione in modo piuttosto semplice e chiaro:

"Da circa 5-6 anni gli operatori immobiliari statunitensi offrono mutui anche a persone con caratteristiche di affidabilità assai precarie. Questi mutui (effettuati a tassi molto elevati e quindi molto redditizi per le banche) rappresentano il 13% di tutto il settore. Gli Istituti che erogano il prestito devono a questo punto reperire i capitali e l’operazione si concretizza con l’emissione di prodotti finanziari simili alle obbligazioni che vengono venduti in tutto il mondo (soprattutto ad investitori istituzionali statunitensi ed europei). Naturalmente, poichè i clienti di questi mutui pagano tassi più alti della media del settore, anche chi detiene le obbligazioni legate ad essi percepisce degli interessi superiori alla media. La logica alla base di questi prodotti è che proprio i sottoscrittori dei mutui (attraverso il pagamento delle rate) sono a garanzia delle cedole e della restituzione del capitale.
Ora la parte dolente della questione: una percentuale molto elevata (molto più elevata dei modelli matematici delle banche d'affari e delle agenzie di rating) dei sottoscrittori dei mutui subprime ha smesso di pagare le rate dovute, mandando in crisi tutto il sistema legato a questo settore.
Le prime ad entrare in crisi sono state le società specializzate nell'erogazione di questi mutui subprime; successivamente hanno cominciato ad entrare in crisi le banche d'affari statunitensi che si occupavano dell''assemblaggio (il termine tecnico è "cartolarizzazione") dei prodotti obbligazionari garantiti dai mutui subprime. Infine sono entrati in crisi tutti gli investitori istituzionali che avevano acquistato questi prodotti attratti dai rendimenti elevati."