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domenica 26 ottobre 2014

Crisi economica? E il negozio diventa casa.

Con la crisi economica, si sta verificando un fatto curioso: molti negozi stanno diventando abitazioni.
Il fenomeno, in aumento nelle grandi città, è stato osservato e segnalato da Immobiliare.it. Grazie a un prezzo fino al 35% inferiore rispetto a quello di un appartamento tradizionale, gli esercizi commerciali diventano una soluzione abitativa che fa gola a chi non ha molto denaro da spendere.
Anche se questo tipo di soluzione, lo ricordo, nel nostro Paese non è consentito.
Nelle aree metropolitane di Roma, Milano e Torino l’offerta complessiva nel 2014 sarebbe di 5200 spazi di questo tipo. E le zone dove si ricorre più volentieri a questa soluzione sono quelle centrali. Diverse le cause alla base di questo fenomeno, secondo Carlo Giordano, ad di Immobiliare.it. "In molti casi non si verifica il passaggio generazionale dei proprietari degli esercizi commerciali nella gestione dell’attività. Perciò i negozi, sempre più spesso, rimangono vuoti a lungo. Quindi il proprietario non percepisce un utile da quello spazio, ma gli restano costi di mantenimento e tasse". Dopo un po’ quindi si cambia destinazione.
Per andare incontro alle esigenze degli abitanti, in futuro si potrebbe anche andare verso una trasformazione legislativa che acconsenta a formule di utilizzo degli spazi analoghe al Nord Europa. Questo rappresenterebbe anche una soluzione al problema della chiusura degli spazi commerciali che causa una sensazione di abbandono e di mancanza di sicurezza nelle strade e la perdita di accessibilità ai servizi di prossimità per le fasce più de
boli della popolazione. (fonte La Stampa)

martedì 11 febbraio 2014

"Lasciamo le banche deboli fallire"

Leggendo La Repubblica ho scoperto che affichè il sistema goda di buona salute bisogna lasciare che le banche più deboli falliscano...  


LONDRA - Lasciamo che le banche più deboli falliscano, se vogliamo che tutte le altre siano in salute. E' il credo espresso dalla nuova "zarina" della regulation finanziaria europea, Danièle Nouy, direttrice del Single Supervisory Mechanism, l'ente di supervisione dell'Eurozona. Francese, proveniente da un incarico analogo alla testa dell'agenzia di supervisione bancaria del proprio paese, nota per la piccola statura e uno sguardo che gela i suoi interlocutori, Nouy ha rivelato in un'intervista pubblicata oggi in prima pagina dal Financial Times che l'Unione Europea dovrà diventare più severa nei confronti delle banche "deboli", ovvero sovraesposte sul piano dei debiti e con investimenti mal gestiti: "Dobbiamo accettare l'idea che alcune banche non hanno futuro", afferma una delle figure chiave della finanza continentale, segnalando una posizione simile a quella del governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, sull'inevitabilità che l'imminente "check out" a cui le maggiori banche europee verranno sottoposte non sarà superato positivamente da tutte.
"Dobbiamo lasciare che alcune banche scompaiono in modo ordinato, e non tentino necessariamente di fondersi con altri istituti di credito" per cercare di salvarsi", dice Nouy. "Ammetto che il momento migliore per cambiare le regole non è nel mezzo di una crisi", soggiunge, "ma ciononostante c'è la possibilità di fare di più e alcuni paesi stanno applicando norme più rigide". La sua disponibilità ad accettare fallimenti bancari, osserva il quotidiano della City, farà suonare campanelli d'allarme tra i leader politici, in particolare "in Italia e in Germania", che saranno riluttanti a vedere le proprie banche fallire. "Non so quante banche debbano fallire", dichiara Nouy al Financial Times. "Quel che so è che vogliamo avere il più alto livello di qualità". E ancora: "Sappiamo di avere una sola opportunità per dimostrare la nostra credibilità e la nostra reputazione". Ripulire il sistema bancario, fa capire, non sarà un'impresa indolore. Per ottenere un certificato di "buona salute" per l'intero sistema, i malati terminali dovranno essere sacrificati.


mercoledì 23 gennaio 2013

Esodi incentivati, boom in banca

Il Sole 24 Ore inquadra la situazione del mondo del credito. Di seguito quanto riportato dal giornale.

MILANO - Difficile capire quanto possa durare ancora questa crisi. Difficile, soprattutto, capire quali conseguenze possa ancora produrre sul tessuto economico nazionale. Un dilemma che molti bancari italiani si devono essere posti seriamente in questi giorni, almeno a giudicare dai primi numeri che emergono da due dei principali piani di ristrutturazione varati nel mondo del credito, vale a dire quelli di Bpm e Ubi. In entrambi i casi, emerge la costante di una «corsa all'esodo» da parte dei lavoratori, contro ogni previsione da parte delle stesse aziende. Sono 916, contro le 650 previste dall'azienda, le domande volontarie di uscita presentate dai lavoratori di Ubi Banca in questi giorni. Il 41% in più rispetto a quanto preventivato. L'accordo del 29 novembre, che reca la firma dei sindacati Dircredito, Fabi, Fiba, Ugl, Uilca, Sinfub (unico non firmataria è stata Fisac) prevede uscite solo su base volontaria e incentivata per i prossimi 5 anni (dal 2013 al 2017), di cui una parte attraverso il pensionamento, e l'altra attraverso l'accesso al Fondo esuberi (è l'ammortizzatore sociale della categoria dei bancari), con un assegno di sostegno al reddito pari all'85% dell'ultima retribuzione netta mensile percepita dal lavoratore. L'intesa prevede anche la possibilità di ridurre o sospendere volontariamente l'orario di lavoro, opportunità incentivata dalla possibilità di recuperare il 60% del salario, nelle ore non lavorate, con ricorso al Fondo esuberi. Anche quest'ultima opportunità ha riscosso un massiccio numero di adesioni tra i lavoratori: l'hanno richiesta 3.887 dipendenti per un totale di 375mila giornate richieste, contro le 220mila preventivate dall'accordo sindacale. «Le massicce adesioni dei lavoratori al piano d'esodo dimostrano che questo accordo è stato sottoscritto nell'esclusivo interesse dei dipendenti del gruppo Ubi» ha spiegato il coordinatore Fabi per il gruppo, Paolo Citterio. «L'intesa – ha proseguito il sindacalista – ha permesso di salvaguardare la contrattazione aziendale e di applicare misure di solidarietà solo dietro incentivo economico e su base volontaria».
Anche in Bpm i primi numeri fanno riflettere. Secondo fonti vicine all'azienda le richieste di esodo incentivato legate all'accordo del 6 dicembre (in questo caso a non firmare è stato solo Dircredito), realizzato con l'obiettivo aziendale di ridurre il costo del lavoro di circa 70 milioni, sono circa un centinaio in più rispetto alle 700 stimate.

martedì 13 novembre 2012

Massimo Caputi

Massimo Caputi è uno dei principali manager della finanza immobiliare, ex Amministratore Delegato di Fimit SGR, Sviluppo Italia e Grandi Stazioni e ora presidente di Feidos

Ne ho scritto molto ultimamente riguardo al riassetto Prelios. Ecco quindi la sua biografia.

Massimo Caputi
Massimo Caputi
Massimo Caputi nasce a Chieti l’11 Dicembre 1952.
Nel 1981 lo studio di ingegneria civile di famiglia viene trasformato in una più ampia e strutturata società opertiva. Massimo Caputi cura poi, per oltre 1 miliardo di lire, lo sviluppo e la gestione dei progetti di Proger, nata nel 1983 e diventato uno dei player di riferimento nella progettazione e direzione di grandi opere. Un esempio è il porto turistico di Pescara.
Nel 1996 dopo aver ceduto la suo quota Proger, Caputi viene nominato Amministatore Delegato dalle Ferrovie dello Stato della società di scopo Termini Spa, diventata poi Grandi Stazioni nel 1998, dove ricopre il medesimo ruolo fino al 2002.
Nel 2001 Massimo Caputi porta a conclusione il processo di privatizzazione di Grandi Stazioni. La vendita porterà una cordata di azionisti privati ed esteri al 40% delle quote con un incasso di 280 milioni di euro per l’azionista dello Stato italiano.
Nel 2002 riceve una nuova nomina di Amministratore Delegato della holding dell’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti, chiamata Sviluppo Italia. Titolo conferitogli dall’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. In tre anni di gestione, Massimo Caputi riesce a far focalizzare l’attenzione pubblica sui settori cruciali dell’economia italiana, il turismo e l’agroalimentrare. Gli investimenti crescono sino a superare il miliardo di euro e i posti di lavoro creati arrivano a decine di migliaia all’anno.
Nel 2000, segnandone la svolta della finanza immobiliare, Caputi diventa ad di Fimit Sgr, una società di gestione del risparmio nata nel 1998 per iniziativa di Medio Credito Centrale e INPDAP. Nel 2002 arriva il collocamento del primo fondo per la Sgr, Fondo Alpha, il primo fondo ad apporto pubblico in Italia e primo fondo immobiliare ad essere quotato presso la Borsa Italiana di Milano. Il successo si consolida nel 2004 con il collocamento e la quotazione del Fondo Beta che ottiene un record di domanda con un bid-to-cover pari ad 1,3 volte l’offerta.
Nel 2006 arriva poi il primo fondo con focus dedicato al settore turistico ed entertainment. Il fondo Delta raggiunge una raccolta da record di ben 210 mln di euro in fase di collocamento.
All’inizio del 2007 Massimo Caputi lascia la guida di Fimit per rientrarvi poi nel luglio 2008 come azionista, rilevando una quota della Sgr, e Amministratore Delegato. A fine 2008, Massimo Caputi porta soluzioni alla situazione diffusa nel sistema bancario italiano. Con i fondi Omega e Omicron Plus, Intesa San Paolo e Unicredit apportano oltre 500 immobili per un controvalore di quasi 2 miliardi di euro. Nel 2009 anche Fondiaria-SAI affida parte del suo patrimonio immobiliare a Fimit Sgr e nasce il fondo Rho.
Nel 2011 si conferma il successo di Massimo Caputi nel creare valore per gli azionisti: dalla fusione di Fimit Sgr e First Atlantic Real Estate (FARE) nasce IDeA Fimit Sgr, il più grande player del settore dei fondi immobiliari in Italia ed il quarto in Europa per asset under management. Ad aprile 2012 Massimo Caputi esercita il suo diritto di put e cede la sua quota in IDeA Fimit.
Attualmente, Massimo Caputi è presidente di Feidos.

giovedì 24 maggio 2012

G8: le necessità primarie sono crescita e posti di lavoro. Grossi timori su Grecia ed Eurozona

Da Camp David il giudizio è unanime: è necessaria “un’agenda forte” contro la recessione. I leader sono inoltre apparsi compatti contro il regime di Assad in Siria e sulle sanzioni all'Iran. All’uscita dal summit pochi ma fondamentali sono apparsi i dictat da seguire per uscire dalla crisi mondiale, primo fra tutti la garanzia di posti di lavoro. La sfida più difficile sarà quella di coniugare la coesione nel perseguire la ripresa con il rigore fiscale necessario. L’interesse primario è apparso subito quello di mantenere la Grecia all’interno dell’Eurozona facendo sì che rispetti gli impegni presi. I grandi Otto hanno ribadito l’importanza per i governi di lavorare per ripristinare la fiducia e nutrire la ripresa grazie a riforme volte ad aumentare produttività, crescita e domanda. Il tutto all’interno di un quadro economico non inflazionistico e credibile. Fonti dell’Eliseo affermano che “c’è una convergenza molto forte tra Francois Hollande e Mario Monti su come promuovere la crescita per uscire dalla crisi”. Il Presidente del Consiglio Monti si è detto ”fiducioso” perche’ l'Italia che ora “è in regola” può chiedere il rafforzamento della crescita ed è “rispettata in Europa e negli Stati Uniti”. Presenti alla cena di apertura anche il presidente della commissione Europea, Josè Manuel Barroso e il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy. Questi hanno ribadito che la Ue farà tutto quanto in suo potere per stabilizzare la Grecia e l’Eurozona, senza piani su eventuali uscite di Atene dall’euro. “Vorrei riaffermare molto chiaramente che vogliamo che la Grecia rimanga nell’eurozona, la Grecia è parte della famiglia europea”, ha detto Barroso. Mentre Van Rompuy ha sottolineato come la partecipazione della Grecia implichi “solidarietà e responsabilità”. A proposito della questione del prezzo del petrolio, Obama verosimilmente proporrà che venga rilasciata parte delle riserve petrolifere strategiche delle diverse nazioni per abbassarne i prezzi. Gran Bretagna e Francia sarebbero concordi. Sul fronte del Medio Oriente, i leader hanno specificato che l’Iran ”ha l’obbligo di dimostrare che il proprio programma nucleare è pacifico”. Altrimenti si andrà avanti sulla strada delle sanzioni, soprattutto sul mercato petrolifero. Riguardo la Siria, l’amministrazione americana afferma che gli Otto hanno concordato sul fatto che vada sostenuto il piano Annan e che il regime di Assad lo debba applicare alla lettera favorendo la transizione politica, se non vuole ripercussioni da parte della comunità internazionale. Anche Medvedev si sarebbe detto d’accordo. Infine, nel corso della cena Obama avrebbe introdotto un argomento imprevisto: quello di promuovere sempre il principio dell’uguaglianza dei diritti per le donne. Argomento che il presidente americano vorrebbe sviluppare durante i prossimi incontri.

martedì 10 gennaio 2012

Sos usura: 190mila imprese chiuse per debiti

L'usura continua a crescere e, complice la crisi economica, sta conoscendo un vero e proprio boom. Sono 10mila le imprese che in tre anni, dal 2008 al 2011, hanno chiuso i battenti per debiti o usura. A lanciare l'allarme è Sos Impresa e Confesercenti nel XIII rapporto "Le mani della criminalità sulle imprese".

L'indebitamento delle imprese ha raggiunto i 180mila euro, quasi raddoppiandosi nell'ultimo decennio. Anche i fallimenti sono cresciuti vorticosamente: +16,6% nel 2008 e +26,6% nel 2009. Allarmanti, poi, i dati del 2010 riferiti al primo trimestre con fallimenti in crescita del 46%. Tradotto in numeri questo significa che 3.226 aziende hanno fatto ricorso alle procedure fallimentari, con un trend che farà superare abbondantemente le 12mila chiusure. Sono 200mila, in sostanza, i commercianti coinvolti in rapporti con l'usura, ma le posizioni debitorie vanno stimate inoltre 600mila unità. E con la crisi è aumentato il numero degli usurai che oggi sono passati da circa 25mila a oltre 40mila.

Quanto all'identikit della vittima dell'usura, il fenomeno colpisce solitamente commercianti che operano nel dettaglio tradizionale, come alimentaristi, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai. Sono queste "le categorie che - rileva il rapporto - oggi pagano, più di ogni altro comparto, il prezzo della crisi.

Da segnalare, infine, l'ingresso della criminalità organizzata, soprattuto della camorra, nell'attività usuraia. Secondo il rapporto "molti boss non considerano più spregevole tale attività, anzi il titolo di usuraio mafioso si inserisce compiutamente in quell'economia corsara, immensamente ricca e altrettanto spregiudicata. Le operazioni censite che hanno coinvolto esponenti della criminalità organizzata sono aumentate in tre anni del 52,5%.
(da TMnews)

venerdì 27 agosto 2010

Paolo Scaroni sul caso Fiat: condivido dalla A alla Z

Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, a margine di un dibattito a CortinaIncontra, si è espresso sulle recenti vicende di Fiat:
''Condivido lo sforzo che sta facendo Fiat per poter produrre in Italia e potrà farlo in Italia soltanto se in Italia, e soprattutto nel nostro Meridione, ci saranno quelle condizioni di competitività, di impegno sul lavoro, di presenza in fabbrica che sono quelle minime per poter sfornare dei prodotti competitivi''.
''Su questo sono d'accordo con Fiat dalla A alla Z'', ha aggiunto Paolo Scaroni, precisando di non voler entrare nel fatto giuridico.
(ASCA)

giovedì 3 giugno 2010

Nel primo quadrimestre 2010 chiuse in Italia quasi 180 mila imprese

La crisi continua a colpire il sistema imprenditoriale italiano. Tra gennaio e aprile in Italia hanno cessato l'attivita' 177.556 imprese, con un saldo tra avviate e chiuse negativo di oltre 14 mila imprese. La variazione annua delle imprese attive, inoltre, registra una flessione dello 0,4%. E' quanto emerge da un'indagine realizzata dall'ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza. Tiene la Lombardia e sono positive Monza e la Brianza, che registrano un saldo tra iscritte e cessate positivo rispettivamente di 1.140 e 191 imprese, con una variazione annuale delle imprese attive di -0,1% e +0,7%. (Adnkronos)

mercoledì 19 maggio 2010

Ubi Banca: previsti 900 esuberi

Quasi 900 esuberi in tutta Italia, molti dei quali potrebbero interessare proprio il territorio varesino. È ancora in alto mare la trattativa sindacale, in corso a Bergamo, sui tagli al personale (di 895 addetti) dichiarati dal Gruppo UBI Banca, che coinvolge anche la Banca Popolare di Bergamo, presente con più di 120 sportelli in provincia di Varese. Quest'ultima dopo le grandi fusioni passate ha unito sotto un'unica insegna la Banca Commercio e Industria, Regionale Europea e il Banco di Brescia. Nella nostra provincia il gruppo conta in totale oltre 1300 lavoratori e la preoccupazione per l'esito della trattativa è perciò elevata.
«Dopo giorni di intenso confronto tra le parti - spiega la Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) di Varese - rimangono notevoli distanze tra le posizioni delle organizzazioni sindacali, che chiedono eque misure di sostegno per tutto il personale, a fronte degli eccezionali sacrifici prospettati per contenere le difficoltà aziendali del momento, e le disponibilità del tutto insufficienti del Gruppo. Le rappresentanze sindacali pretendono che il gruppo si impegni decisamente per la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari, per motivare gli attuali addetti a fronte del maggior impegno richiesto e per assicurare ai lavoratori in esubero dignitose condizioni per l’accompagnamento verso la pensione. Inoltre, risulta del tutto inaccettabile il tentativo in corso, da parte del gruppo, di smantellare delle garanzie importanti del contratto nazionale e dei contratti aziendali delle banche del gruppo».
Nella giornata di domani è prevista la ripresa del confronto tra le parti verso un accordo che al momento appare ancora lontano ma, senza il quale, non sarà possibile l’avvio di qualsiasi ristrutturazione del Gruppo bancario.
(varesenews.it)

giovedì 3 dicembre 2009

Cresce il debito di Mariella Burani

Secondo quanto riportato ieri da Il Sole 24 Ore, il debito a breve termine di Mariella Burani Fashion Group è cresciuto di 10,1 milioni rispetto a fine settembre.
L’advisor per la ristrutturazione del debito del gruppo emiliano è Mediobanca, l'istituto bancario di Cesare Geronzi e della questione ho già parlato in diversi post a cui rimando:

lunedì 15 giugno 2009
Burani: Mediobanca, la banca di Cesare Geronzi, advisor per la ristrutturazione, impone l’uscita dal settore gioielli
mercoledì 15 luglio 2009
Mediobanca advisor di Antichi Pellettieri: l'istituto di Cesare Geronzi studia la ristrutturazione
mercoledì 16 settembre 2009
Burani e Mediobanca: la banca di Cesare Geronzi conferma la validità del piano di ristrutturazione

giovedì 26 novembre 2009

Banca Profilo prosegue con la ristrutturazione

Banca Profilo, l'istituto guidato da Matteo Arpe, che ha chiuso i primi 9 mesi con un risultato netto positivo di 0,8 milioni rispetto alla perdita di 6,8 milioni nello stesso periodo dello scorso anno, prosegue l'implementazione del piano di ristrutturazione. Infatti con l’esecuzione lo scorso luglio dell’aumento riservato ad Arepo BP, il coefficiente patrimoniale di vigilanza consolidato calcolato al 30 settembre 2009 è pari al 18,9%.
Tale coefficiente sale a circa il 23,6% se si tiene conto dell’aumento di capitale in opzione per 29,76 milioni, interamente sottoscritto dal mercato e chiuso il 5 novembre 2009, incentrato sull’attività di private banking. (fonte Bluerating)

mercoledì 25 novembre 2009

Italpetroli-Unicredit: ecco tutta la storia del debito

Il sito romagiallorossa.com traccia tutta la storia di Italpetroli e Unicredit: una storia iniziata nel 2004 con la Capitalia allora guidata da Cesare Geronzi e non ancora finita dopo 5 anni, l’incorporazione di Capitalia in Unicredit e oltre 320 milioni di euro di debiti in carico ad Italpetroli.

Siccome ne ho tanto parlato, in merito alla vendita dell’AS Roma e del ruolo di Cesare Geronzi nella questione, riassumo tutta la storia:

Nella primavera del 2004, Italpetroli, società di proprietà della famiglia Sensi, ha circa 640 milioni di euro di debiti: Capitalia entra nel gruppo con una quota del 49% e sottoscrive un piano di risanamento che prevede la riduzione del passivo a 225 milioni entro il 31 dicembre 2005, ma alla data in questione i debiti superavano ancora abbondantemente i 400 milioni di euro.
Al novembre del 2007 l'indebitamento di Italpetroli è sceso ancora, a 377 milioni di euro e si decide di sottoscrivere un nuovo piano. Questa volta si devono restituire 130 milioni entro il settembre del 2008, poi la società sarà riorganizzata in tre aree, quella petrolifera, quella immobiliare e quella entertainment che, con scadenze temporali diverse, dovranno rientrare del debito complessivo.

Alla fine del 2007, però, Capitalia si fonde con Unicredit, la quale, nel luglio del 2008, rinuncia all'opzione del 2% che le avrebbe consentito di salire al 51% di Italpetroli e rinegozia un nuovo piano. La prima scadenza è per il dicembre successivo: una prima tranche di rimborso del debito di 150 milioni, che però viene pagata. Unicredit concede una proroga al giugno successivo, ma anche in questo caso non riceve il rimborso pattuito.
Unicredit allora propone la nomina di un supermanager esterno per valutarne la cessione. Anche questa strada non va in porto, allora Unicredit disdetta l'accordo sul rientro del debito e passa alle maniere forti: all'inizio di settembre si dice pronta a pignorare tutti gli asset di Italpetroli, ad eccezione della As Roma, per rientrare nel debito. E fa partire i decreti ingiuntivi presso il Tribunale.
Ad oggi Italpetroli sta ancora tentando di rientrare dall'indebitamento contratto con gli istituti bancari: oltre 400 milioni divisi fra Unicredit (324,9 milioni) e Monte dei Paschi di Siena (circa 80 milioni).

mercoledì 18 novembre 2009

Cesare Geronzi salverà la Roma?

Cesare Geronzi, stando a quanto scrive Alessandro Catalano sulla Gazzetta dello Sport, starebbe studiando un piano per lasciare la Roma a Rossella Sensi, evitando che finisca a Unicredit. Mediobanca infatti, advisor per l’operazione di vendita, ha sondato alcuni istituti bancari stranieri, in particolare mediorientali, per trovarne uno disposto a rilevare una parte dei debiti di Italpetroli verso Unicredit.
Come garanzia del debito, verrebbe data Roma 2000, la società con cui Italpeltroli controlla il club rossonero.
Unicredit, intanto, continua ad attendere da Rossella Sensi il mandato per vendere sugli asset Italpetroli.

lunedì 16 novembre 2009

Microsoft: nuovi licenziamenti

Microsoft, con una nuova tornata di 800 licenziamenti (la terza nel giro di pochi mesi), è arrivata a quota 5400.

Il gruppo fin da inizio anno aveva annunciato 5000 licenziamenti, per ridurre le spese del gruppo in un momento particolarmente difficile per i bilanci aziendali a causa del rallentamento dell'economia.
Microsoft spiega di aver sostanzialmente raggiunto gli obiettivi prefissati con il piano di ristrutturazione presentato anzitempo, ma il gruppo non si nega la possibilità di ulteriori rinunce in futuro.

Steve Ballmer, il CEO Microsoft ha ricordato come la crisi economica non sia assolutamente passata e, anzi, gli investitori devono attendersi ancora mesi di difficoltà. Microsoft, però, nutre ottimismo per quanto messo invece in atto dal punto di vista della contabilità: spese ridotte, investimenti razionalizzati, il tutto a convergere in un quadro di maggior equilibrio nell'ottica di una ripresa economica.

lunedì 26 ottobre 2009

Trimestrali: AMD ancora in crisi

A causa della crisi economica, sono ancora in chiaroscuro le prestazioni di alcune grandi società attive nel comparto dell'informatica. I recenti dati sulle trimestrali di cassa di AMD, per esempio, dipingono una situazione poco incoraggiante. Il produttore di microchip ha registrato nel corso dell'ultimo trimestre perdite per 128 milioni di dollari, pari a 18 centesimi di dollaro per azione. Una prestazione certo non esaltante, ma inserita in un trend positivo di riduzione delle perdite rispetto a un anno fa, quando la società registrò una flessione pari a 134 milioni di dollari. Il reddito operativo aziendale si è attestato intorno ai 76 milioni di dollari, circa la metà di quanto totalizzato nel medesimo periodo del 2008, ma di 4 milioni di dollari al di sopra della prestazione nel precedene trimestre. Complessivamente, i ricavi della società sono diminuiti del 22% portandosi a quota 1,4 miliardi di dollari. Una flessione notevole, ma comunque distante dalla riduzione del 30% prevista dagli analisti. Le prestazioni di AMD sono state condizionate non solo dall'attuale stato della società, che distribuisce il 20% circa dei microprocessori su scala globale, ma anche dalla contrazione delle vendite nel comparto dell'informatica riscontrata nella prima metà dell'anno.

giovedì 17 settembre 2009

Risanamento: il cda si dimette

Mi ero già occupato a luglio della crisi della società immobiliare Risanamento (http://crisi-finanziaria.blogspot.com/2009/07/risanamento-dimissioni-di-zumino-e.html)
Ora una nota ci fa sapere che “al fine di favorire la discontinuità aziendale gli amministratori in carica hanno rassegnato le dimissioni”.
Le dimissioni avranno effetto dalla costituzione del nuovo consiglio, per la cui nomina è stata convocata l’assemblea dei soci il 16 novembre (il 30 novembre in seconda convocazione).

Sembra intanto allontanarsi la richiesta di rimborso anticipato del bond Risanamento, in scadenza nel 2014. A quanto risulta infatti non è giunta nessuna richiesta di restituzione del capitale prima dei termini e prevale l’opinione che non arriverà neanche nei prossimi giorni.

mercoledì 16 settembre 2009

Burani e Mediobanca: la banca di Cesare Geronzi conferma la validità del piano di ristrutturazione

Mediobanca, il gruppo guidato da Cesare Geronzi, advisor per Mariella Burani Fashion Group, ha confermato la validità del piano di ristrutturazione.
Il piano riguarda 445 su 502,9 milioni di debiti, ed è stato confermato nonostante la perdita semestrale di 142 milioni che ha portato il patrimonio netto in negativo di 51 milioni e che ha sollevato dubbi sulla continuità aziendale.
Per la vicenda della ristrutturazione di Mariella Burani Fashion Group, rimando al mio post del 15 luglio:
http://crisi-finanziaria.blogspot.com/2009/07/antichi-pellettieri-aderisce-standstill.html

lunedì 14 settembre 2009

Banche USA: altri tre fallimenti

A fine agosto sono fallite altre tre banche USA: Affinity Bank di Ventura in California, Bradford Bank di Baltimora nel Maryland e Mainstreet Bank nel Minnesota.
Riporta la notizia il blog Fusionibancarie, che commenta:
“Salgono così a 84 gli istituti bancari Usa falliti e amministrati dallo Stato federale quest’anno a causa della crisi.
Quali saranno le ripercussioni in Europa e in Italia?
Le banche europee e le singole nazioni come Germania e Spagna stanno già studiando piani d'emergenza e denunciando pericolose bolle finanziarie...”
(http://fusionibancarie.blogspot.com/2009/09/banche-usa-ancora-fallimenti.html)

giovedì 3 settembre 2009

AS Roma: Unicredit pronta a pignorare i beni. Mediobanca, il gruppo di Cesare Geronzi, tentenna

Per Unicredit è finito il tempo delle deroghe: l'istituto bancario con il quale Italpetroli è esposta per quasi trecento milioni di euro, vuole rientrare dei debito.

La minaccia è di ricorrere al Tribunale e chiedere il pignoramento dei beni che la famiglia Sensi ha messo nel calderone per garantire l'esposizione con la banca. Sarebbero pronti i documenti da presentare al giudice per avviare le procedure di vendita degli asset, eccetto la As Roma (definito un asset delicato e quindi da non toccare). Ma pare si tratti di una pressione proprio per arrivare alla Roma, visto che gli altri asset (i depositi di Civitavecchia e i terreni di Torrevecchia) non arrivano a coprire la garanzia dell'intero importo.

Inoltre Unicredit aspetta ancora la nomina del supermanager che doveva gestire la cessione: richiesta respinta al mittente da Mediobanca, il gruppo di Cesare Geronzi, advisor dei Sensi nell'operazione.

Dopo il pignoramento, il secondo passo sarà la ricerca di un compratore per la società. E qui rientra in ballo Angelini che, intuendo che l'unica strada da percorrere per prendere la Roma non era passare attraverso i Sensi ma rivolgersi direttamente a Unicredit, nei giorni scorsi ha avuto più di un contatto con i vertici della banca. Unicredit ha definito l'imprenditore farmaceutico credibile e sarebbe pronta ad appoggiarlo. Ora la palla passa nuovamente nelle mani di Angelini che dovrà completare lo studio di fattibilità avviato dai suoi advisor. Solo dopo, assieme, si formulerà un'offerta non vincolante per l'acquisizione del pacchetto di maggioranza, che potrebbe portare al passaggio di mano del club.

MPS: piano anticrisi per le PMI marchigiane

La Banca Monte Paschi di Siena ha proposto un piano anticrisi per le PMI marchigiane.

- A tutte le imprese che non licenzieranno e non faranno ricorso alla cassa integrazione, MPS rimborserà il 2 %. In pratica l'azienda pagherà il 5 % di interesse (si tratta di un prodotto a tasso fisso), ma alla fine dell'anno, se non ci saranno licenziamenti, gli verrà rimborsato il 2%.

- Tutte le aziende che riusciranno ad esportare almeno il 10% di quanto esportavano lo scorso anno avranno uno sconto del 25 % sullo spred nei finanziamenti a tasso variabile.

- Le aziende potranno sospendere per 12 mesi il pagamento della quota capitale dei finanziamenti.

- Verranno prorogati di sei mesi i finanziamenti concessi in virtù di lavori svolti verso le PA, per tamponare i ritardi nei pagamenti degli enti pubblici.

- Verranno concessi finanziamenti per capitalizzare l'azienda stessa e per ristrutturare il debito aziendale.