"È presto per dire se siamo di fronte a una nuova fase rialzista per le azioni. Ma se fosse così, i titoli delle piccole imprese sarebbero i favoriti.
Le piccole imprese tendono a essere molto più sensibili alla congiuntura economica rispetto alle grandi. In genere infatti non operano in settori difensivi, offrono una gamma di prodotti meno diversificata, e di regola incontrano maggiori difficoltà di accesso ai mercati del debito e ai finanziamenti bancari.
In una situazione di calo dell’economia globale e di crisi dei mercati del credito, sarebbe logico aspettarsi tempi difficili per le piccole imprese. Le small cap, in effetti, hanno subito i contraccolpi più gravi nel mercato ribassista.
Nel periodo di rialzi tra il 2003 e il 2007 le piccole imprese europee hanno registrato un profitto annuo medio del 30%, contro il 18% delle large cap. Nel 2008 hanno perso il 51% del loro valore, ma le large cap europee, con una perdita del 45%, non hanno registrato un andamento molto migliore.
Oggi gli investitori sembrano più propensi a concentrarsi sugli sviluppi positivi per il 2009 e gli anni successivi piuttosto che sulle note puramente negative. E con il migliorare delle previsioni, torna l’interesse nelle small cap in quanto scommessa ciclica in fase di ripresa. Dall’inizio dell’anno, le small cap europee hanno reso oltre l'11%. Le large cap hanno perso il 2,2%. A partire dal minimo di metà marzo, le small cap hanno guadagnato quasi l’8% in più delle large cap.
Nel corso della fase di mercato ribassista, abbiamo visto un'estrema avversione al rischio da parte degli investitori. Fino a quando la crescita non si sarà imposta, questa riluttanza a investire in asset speculativi può rappresentare un limite alla crescita delle small cap.
Ma spesso è la negoziazione di tipo "contrarian” a dare i frutti migliori. Acquistare quando gli altri sono diffidenti può rivelarsi estremamente vantaggioso.
Ed esistono molte ragioni per le quali le piccole imprese dovrebbero registrare performance migliori con il miglioramento della situazione economica:
- Molti dei competitor più deboli nella fascia delle small cap sono già stati annientati dalla stretta creditizia e dalla recessione; quelle rimaste, quindi, sono le società meglio dotate.
- Alcune large cap potrebbero trovarsi in posizioni più deboli in termini di concorrenza poiché ora hanno azionisti statali con impegni di politica sociale da rispettare.
- L’aumento delle quote di mercato ha un impatto molto maggiore sulla redditività e sul potenziale di crescita delle piccole imprese. È più facile sovraperformare quando si è piccoli e agili che quando si è un colosso multinazionale.
- I dirigenti tendono a essere più strettamente legati alla sorte della società. I dipendenti e i proprietari sono più motivati a fare in modo che la società abbia successo.
- Nonostante la riduzione di valore delle small cap sia stata solo di poco superiore a quella delle large cap, e dopo un aumento decisamente maggiore nella fase rialzista, le small cap ora sono comunque negoziate a valutazioni più interessanti rispetto alle grandi.
- È più facile trovare anomalie nei prezzi nella fascia delle small cap perché sono meno numerosi gli analisti che coprono il titolo e i possibili acquirenti. Le perle nascoste abbondano. Colin Stone, il gestore del portafoglio small cap europee osserva: "Ho visto più anomalie in termini di valutazione negli ultimi sei mesi che nei miei 22 anni di carriera. Ho in portafoglio molti titoli che potrebbero facilmente triplicare il loro valore nei prossimi due o tre anni”.
- Alcune delle società ora considerate tecnicamente small cap (per esempio Ual, la capogruppo di United Airlines), sono “fallen angels", angeli caduti, ex large cap. "
(di Fidelity International - La Mia Finanza)
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